Cos’è, la mente o il cuore a far girare il mondo? A rendere vitale, stimolante, unico e irripetibile ogni momento dell’esistenza? Quei momenti che, ti dici, ricorderai vividamente negli anni a venire? Il cuore, la mente. Natura e cultura, perenne binomio.Qualcuno potrà pensare che sto esagerando, ma veramente succede, talvolta, che natura e cultura non siano concetti contrapposti. Insomma, non sempre ciò che si è e ciò che si diventa sono entità differenti. Dove voglio arrivare? C’è un luogo, Bergolo…. Ma forse sto correndo troppo.
Armonia. È questa la via del ragionamento. E, dicevo, esiste un luogo, nel basso Piemonte in faccia all’entroterra ligure, dove natura e cultura non si riescono più a distinguere. Ovvero: tu sali sulla collina più alta, sul crinale tra le Valli Bormida e Uzzone, e proprio non capisci se sia più l’ambiente selvaggio, più la cura squisitamente umana di un borgo, o l’una e l’altra cosa. A convincerti, a rapirti. Ormai fuse, in armonia.Ecco.
Bergolo è la prova che natura e cultura possono fluidamente coesistere. Un luogo per la mente, un luogo per il cuore.Sia chiaro. Qui la filosofia c’entra poco. Qui stiamo parlando di un antico borgo in pietra arenaria, edificato da gente operosa, abituata alla vita faticosa dei campi, tenacemente convinta a mantenere il proprio posto assegnato dai natali in questo estremo angolo di mondo, dove le colline per una coltivazione di sussistenza richiedevano lo sforzo esagerato di un terrazzamento in muro a secco. È un fatto concreto, la pietra.
Bergolo è situato a 616 metri di altitudine sul livello del mare, che qui manda frequentemente il suo vento, scirocco o, chiamato proprio come nell’Alta Savoia francese, marin. Si sale da Cortemilia, quasi sempre, solcando versanti di noccioleti per una manciata di chilometri. Pochi chilometri che portano altrove. Si capisce subito che qui succede qualcosa.Se arrivate un giorno qualunque trovate un borgo incantato. La domenica, d’estate, durante le feste, c’è sempre gente. E spesso musica, di ogni genere. Anche se Bergolo di abitanti ne conta appena un’ottantina.
La rotonda di recente costruzione, che vi inviterà ad abbandonare la strada provinciale per entrare in paese, reca una scultura della genovese Enrica Bixio, si intitola “Il contrasto”. Sorridete? L’incrocio si burla di voi, quasi convincendovi che abbandonerete il belvedere.
L’ingresso stesso all’abitato vi proietta in un tempo e uno spazio unici. La minuzia con cui i bergolesi hanno curato questo insediamento, e che negli ultimi trent’anni un’amministrazione pubblica illuminata ha riscoperto e valorizzato, parla più di qualunque scritto, più di qualunque fotografia. La pietra arenaria declinata in tutte le variabili di colore, posizione, incastro. Un’unica via, su cui si affacciano le case del paese, poche. Un pavimento lastricato, pareti antiche riportate a vista, pure la chiesa e il campanile sono stati spogliati dall’intonaco e svelati.
È il paese di pietra, e tanto basta.Ma i conti non tornano. Che ci fanno a ogni angolo quei dipinti, un bassorilievo, le sculture…? Murales. Tanti, ovunque. Beh, questa è una lunga storia. Procedete senza guida nella visita: non vi perderete. O forse sì… e c’è da augurarvelo. Lasciatevi invadere da questo ritmo lento, passeggiate senza sosta, guardatevi intorno e soddisfate ogni curiosità: qui a Bergolo troverete, in ordine sparso, opere d’arte moderna, una chiesa secentesca con pregevole pala, formaggi tra i migliori, un monumento memorial a Ezra Pound, un ambiente naturale intatto e ricco, il mondo intero evocato su una bussola, lassù, nel punto più alto. Io intanto continuo a raccontare.
La natura finalmente
Era il motivo del nostro racconto, perché qui la natura è dentro e intorno a noi. Dentro, perché il luogo fortemente evocativo suggerisce e stimola un contatto con l’ambiente spesso dimenticato. Fuori, invece, basta guardare.Intanto è opportuno considerare che qui siamo nel cuore delle alte Langhe. La regione piemontese nota per suoi celebri vini rossi – è la patria del Barolo, del Barbaresco – ha un’anima selvaggia ancora tutta da scoprire per un naturalista.
La conformazione stessa delle Langhe, lingue di terra disposte a dorsali orientate da sud-ovest verso nord-est, vale la visita per un geologo: la particolare orografia di quest’area offre alla vista innumerevoli sistemi collinosi lunghi e stretti, risalenti al Miocene e al Pliocene e composti prevalentemente da argilla e pietra arenaria. La stessa arenaria che si ritrova ovunque sui terrazzamenti, sui muri a secco e sulle pareti del paese di pietra.
Un consiglio da amico per chi voglia immergersi in questa natura ancora pura è andar per Langa, ovvero camminare lungo i crinali di queste lingue di terra e poi imboccare i numerosi sentieri fra boschi, vigneti e noccioleti percorribili a piedi, a cavallo o in mountain-bike.Un soggiorno in quest’area non può trascurare l’esperienza delle due Valli di Langa, la Valle Bormida e la Valle Uzzone, così vicine eppure così diverse. Più ampia e coltivata l’una, più stretta e selvaggia l’altra. Le colline, con i soleggiati versanti a mezzogiorno e i ripidi e asciutti a mezzanotte, sono una sorpresa continua.
Un pò di storia
Nonostante le dimensioni lillipuziane, Bergolo (a proposito: si pronuncia Bèrgolo) è un Comune autonomo da tempo immemorabile: una parentesi di quasi vent’anni l’ha accorpato dal 1929 al 1947 a Cortemilia, non senza decise proteste da parte di questa gente fiera, dalla forte identità. Per il resto, è uno dei paesi più piccoli d’Italia. Luogo dell’erica, o brughiera: questa l’etimologia del nome, dal tardo latino, che ne attesta una connotazione chiara come luogo rilevante dal punto di vista naturalistico e ambientale.
In tutta la sua storia, il centro fu caratterizzato da prevalente economia agricola. Anche ai tempi nostri, l’evento che più di ogni altro ha segnato il successo di una rinascita è in qualche modo legato ai riti delle coltivazioni: il Cantè Magg, cantar maggio, affonda le sue radici nelle feste propiziatorie di prosperità e fertilità che la cultura contadina celebrava ogni primavera.
La rivoluzione di Bergolo si può datare intorno al 1970. L’inesorabile spopolamento che segnava tutti i paesi delle Langhe qui, fatte le debite proporzioni, rischiava di affossare una cultura. La scommessa, più o meno consapevole ma certo appassionata e convinta, fu il turismo: un turismo sconosciuto allora, almeno da queste parti. Oggi si potrebbe chiamare slow, e va tanto di moda. Ma per l’epoca fu un’autentica illuminazione.In principio furono gli eventi: idee buone, entusiasmo, la tenacia dei vecchi investita nel reinventarsi. A poco a poco tutto il resto arrivò.
Il calendario
L’anno a Bergolo comincia a maggio. Il Cantè Magg, ultimo weekend del mese, è l’espressione simbolica del miracolo del paese di pietra. Musica in primo piano, folclore dal mondo e tanta energia, una notte di note, danze, armonie che annuncia la fertilità della natura ma porta quassù, allo stesso tempo, le culture più sentite. La rassegna internazionale, che si richiama al calendimaggio dell’antica Grecia, e poi alle questue medievali e alle feste contadine, debuttò nel 1975.Ma la musica non è soltanto folk. Classica, bel canto, jazz: l’eccellenza espressiva di quest’arte viene ricercata e inseguita, e colta e riproposta.
Nei mesi di luglio e agosto, i corsi internazionali di perfezionamento musicale portano a Bergolo allievi e maestri che si lasciano ispirare da questa natura sana per studi, prove, esibizioni. Se capitate in questo periodo, a qualsiasi ora del giorno e della sera, in qualsiasi angolo di questa piccola eppure immensa cittadella dell’arte, sia il Municipio sia la cappella di San Sebastiano, sia la casa vacanze-ostello sia il Villaggio Erica, sarete raggiunti dalle note nascoste di uno strumento solitario, un canto, un solfeggio. E la sera concerti, per tutta l’estate: nella piazza, se il tempo accompagna; altrimenti nella secentesca chiesa parrocchiale della Natività di Maria Vergine.
E gli artisti, quelli più fedeli alla definizione, arrivano ad agosto. Ogni anno si bandisce il concorso “Bergolo: paese di pietra”, che coinvolge le scuole ad indirizzo artistico italiane, le accademie, gli istituti. I giovani allievi sono chiamati a ideare un’opera che evochi questo luogo. Ai vincitori viene assegnata una parete del centro, dove riprodurre la propria creazione e firmare la straordinaria galleria dei murales, che ormai è un diario della storia recente, su cui sono scritte le emozioni, le elaborazioni, i moti del cuore e quelli della mente di decine di ragazzi estranei a questo luogo, ma che questo luogo hanno contribuito a plasmare e rianimare, proprio come un tempo fecero i contadini residenti che costruirono i terrazzamenti per le coltivazioni.
Da vedere
A questo punto ci sarete già arrivati da soli, ma non si può tralasciare l’impronta più recente dell’evoluzione bergolese. Se siete al Villaggio Erica dovrete ridiscendere lungo via Roma e raggiungere l’estremo opposto, dove la strada diventa sentiero e, lentamente, si arrampica sulla collina più alta, dominata dalla cappella di San Sebastiano, esempio pregevole di architettura romanica del XII secolo assai ben conservata.
Per arrivarci percorrerete il crinale della collina, sferzata da un vento pieno che vi aiuterà a immergervi in un’atmosfera altamente spirituale, se avrete voglia di coglierla. Il sentiero oggi è un’antica strada carrabile (in pietra, pure questa) riportata alla luce, illuminata da un gradevole intervento di restauro. A metà salita, il memorial Pound vi racconterà di storie e luoghi lontani: arenaria, un gioco di pitture, frasi celebri, suggestioni e tradizioni rivisitate. Mente e cuore, natura e cultura a questo punto saranno perfettamente sovrapposti.
Proseguendo, in direzione del cimitero, troverete un belvedere che richiama il mondo e al mondo ritorna: di qua la Valle Uzzone, di là la Valbormida, a terra una bussola con direzioni e distanze chilometriche delle principali città del pianeta. L’essenza di Bergolo: a guardare verso Cortemilia, si vede Strasburgo e poco spostato Capo Nord; il Villaggio Erica è sulla strada per Madrid e L’Avana; la Valle Uzzone porta verso Tunisi e il Capo di Buona Speranza; Roma e La Mecca sono sulla stessa traiettoria. E questo vi farà sentire in pace.