Laggiù nel Montana tra mandrie e cow-boys, c’è sempre qualcuno di troppo tra noi…..Parola di Gringo. Gringooo. Tanti lettori rammenteranno la divertente storiella che promuoveva, negli anni ’80, una marca di carne in scatola. Grazie a strofe rimate e musica western si accennava al Montana, uno stato americano nel cuore delle Montagne Rocciose ed era proprio l’atmosfera evocata a rendere più interessante una semplice scatoletta di latta.
Quel Montana richiamato c’è ancora, sebbene sia da sfatare il luogo comune che dipinge il suo popolo come gente rozza.
Oggi più che mai, questa è semplicemente una terra di uomini duri e donne risolute. Non solo lo racconta la sua storia fatta di cercatori d’oro, cowgirls e uomini di miniera. Ma nel quotidiano, lo rende necessario la grandezza dei suoi spazi che lascia la sensazione di doversela cavare da soli. Ha riassunto bene una donna del Montana, cappello in testa e stivali da cow boy ai piedi: “Siamo stati obbligati a sviluppare l’attenzione al nostro prossimo, dal vicino al turista. In un Paese così poco abitato e dalla natura così selvaggia, la necessità di chiedere aiuto è sempre in agguato”.
Vite sudate, con in mezzo sogni realizzati in grande. Come quello di Marcus Daly, un irlandese nato sul finire dell’800 che, trasferitosi qui, ha onorato il sogno americano: dai pantaloni sdruciti a quelli su misura nell’arco di un giorno. Da minatore a proprietario di una delle più grandi compagnie minerarie del mondo.
Il ritrovare le sue traccia ovunque fossimo diretti, ha reso il Montana oltremodo intrigante.
All’aeroporto di Bozeman, la città più commerciale dopo la capitale Helena, ci ha accolto la testa del dinosauro T.Rex più grande al mondo, riproduzione esatta dell’originale conservata nel Museo cittadino. Per strada la segnaletica invita all’attenzione, non solo per i chilometri espressi in miglia (l’europeo deve moltiplicare per 1,6 per capire la velocità a cui sta andando), ma per il caratteristico slang cartellonistico. Parole troncate traducono xing in crossing (da croce), seguito da immagini di animali locali, soprattutto quelli che noi confondiamo, il cervo o deer, l’elk ossia il grande cervo con le corna ramificate o il moose, quello con le corne a pala, ma anche i bear, sarebbe a dire gli orsi.
Da Bozeman verso Norris sulla Highway 85, dopo Mc Allister, ai margini della carreggiata sfila la classica distesa di cassette per la posta allineate come soldatini.
Poche miglia e arriviamo a Virginia City, una delle città fantasma del Montana, sulla cui fama vivono di turismo 186 abitanti. Ed è qui che abbiamo sentito parlare per la prima volta di Marcus Daly. Ne ha accennato Carma, una guida turistica che ha trasformato la sua casa in b&b (informazioni nel box apposito).
Scopriremo via via che Marcus Daly è un uomo maturato tra interessi milionari, corruzione e patti, un giovane poverissimo diventato ricco come Bill Gates grazie alla sua furbizia, e, come racconta il libro di C.B. Glasscock “La Guerra dei Re del Rame”, al lavoro delle migliaia di minatori approdati qui in cerca di lavoro.
Alle spalle di Virginia, c’è il cimitero Boot Hill, la Collina Degli Stivali, dove trovano dimora le croci di 5 fuorilegge uccisi dal corpo di cittadini vigilantes formatosi spontaneamente per contrastare i banditi arrivati seguendo il profumo del denaro. Nelle Boot Hill americane sono sepolti pistoleri e delinquenti che morivano di morte violenta, appunto ancora con gli stivali ai piedi. Siamo nel 1873 e Virginia per nomina del secondo Governatore Thomas Meagher divenne capitale di questo Stato.
Tra i negozi odierni, se siete appassionati di abiti dell’epoca, ma rimodellati secondo il gusto europeo, non perdetevi l’emporio sull’unica via commerciale di Virginia. Guanti lunghi da dama, palandrane adatte a cavalcare, spolverini dalle fogge estrose, cappelli adatti alle grandi occasioni, da una prima a teatro a un elegante ricevimento privato.
D’altronde qui, nel lontano 1890, direttamente da New York, era arrivata persino la Filarmonica che fece concerti per un mese di fila.
Erano quelli i giorni in cui la fama di Marcus Daly iniziava a prendere corpo, appaiata agli interessi a sei zeri che fece partire la corsa all’accaparramento delle miniere.
A soli 5 minuti d’auto, c’è Nevada City, l’altra piccola ghost town, con l’Hotel che ricorda un saloon (aperto solo d’estate) e dove è possibile visitare l’antico villaggio perfettamente conservato e rimesso insieme da una coppia di filantropi. Interessanti il museo di macchine musicali antiche risalenti ai primi del ‘900 e le stanze dove sono stati raccolti i carri dell’epoca, raro il numero 1 del Fire Department (pompieri) e quello delle onoranze funebri.
Noterete l’assenza di Chiese, perché in quegli anni la fede viaggiava su vagoni ferroviari, in pratica andava soltanto dove arrivava la ferrovia (che qui non c’era). Sulla strada, finti binari ospitano una straordinaria locomotiva e un trattore a vapore dei primi del ‘900; quest’ultimo veniva utilizzato per tirare su dal fiume le chiatte cariche di legname.
Ma soprattutto a Nevada City sfaterete un mito. I minatori e i cowboy erano uomini bassi, a dispetto di come li raffigura la recente iconografia cinematografica. Un metro e sessanta l’altezza media maschile. Quindi, entrando nelle case ricostruite, occhio alla testa!
Da Nevada City proseguiamo nel nostro itinerario verso Twin Bridges e attraversiamo, prima, Sheridan, nulla a che vedere con Ubaldo Lai e il suo tenente, e dopo, Waterloo, niente a che fare con Napoleone, diretti a Butte. Il paesaggio propone praterie punteggiate di ranch affollati di bovini scuri, ma potreste anche immortalare un tir addirittura a 18 ruote. Una compagnia del Montana specializzata in trasporti su gomma ne ha acquistati diverse decine e quando te li vedi arrivare incontro paiono stabilimenti in movimento.
Occhio a non sbagliare direzione subito dopo. Nella congiunzione con la Hwy 69, appena attraversato Whitehall, non girate per Boulder, anche se là c’è il Boulder Hot Springs Hotel del 1880, interessante per le naturali piscine geotermiche di acqua bollente.
Sempre dritti arriverete a Butte. E vi sembrerà di trovarvi ancora davanti a quel distretto minerario così importante a fine ‘800! Una cittadina con tanti primati, il primo grattacielo dell’epoca ad Ovest del Mississipi, 100 mila abitanti in soli 10 mesi non appena scoprirono che le colline erano ricchissime di metalli, argento, rame e oro, nonché i teatri più belli insieme a quelli di San Francisco. Calcarono questi palcoscenici Bin Crosby, Charlie Chaplin, Fred Astaire, Clark Gable e Bob Hope.
Sebbene la meccanizzazione delle aziende abbia ridotto il paese a 35 mila abitanti, Butte resta comunque molto vivace non solo per l’incanto dei trascorsi.
Oggi, rispetto alle 200 miniere del passato, soltanto una è ancora funzionante e lavora 24 ore al giorno. Ma i caratteristici tralicci che le identificano, aperte o chiuse che siano, sono dappertutto e siccome di notte vengono illuminati di rosso regalano alla città uno scenario atipico e surreale.
Se poi cercate un tour singolare chiedete di Denny Dutton all’ufficio turismo. Vi porterà direttamente dentro il passato.