Et voilà. L’odore salmastro del mare penetra nelle narici, il vento freddo di mistral strappa lacrime di emozione che non vorresti ancora versare, si porta via i pensieri così velocemente che quando l’oceano si è ritirato ti rendi conto di non essertene accorto. Eppure eri lì, sulla grande spiaggia di La Baule.
È ora di pranzo, nemmeno ci pensi alla baguette e al Camembert presi nel negozio sulla costa. Sei in Bretagna, e tanto basta. Sì, in Bretagna, non è un errore: non è la tua prima visita, e hai imparato presto a pensare come la gente del luogo. Questa è la Loira Atlantica, amministrativamente, ma la popolazione residente si sente già in Bretagna, e chi se ne importa se lo Stato centrale non ha ancora riconosciuto – dopo decenni – l’unificazione formale.
L’estuario del fiume più lungo del Paese che dà il nome al dipartimento si trova appena più a sud, o forse a una latitudine parallela, tenuto conto che qui comincia la giostra di promontori e punte, il gioco eterno fra terra e mare capace di creare cale e insenature, grotte e spiagge, baie e golfi così diversi eppure così familiari, così… bretoni. Al punto che dovrai zigzagare a lungo per non perdere nessuno di questi imperdibili scorci, cercando l’Atlantico e ogni volta tornando verso l’entroterra per procedere passo passo verso nord.
Et voilà. Il paziente scandire della marea qui non è ancora lo spettacolo naturale che ti verrà offerto sul litorale della Manica, verso il confine con la Normandia. Qui non si tratta di fermare il proprio tempo nell’attesa fremente dell’onda, né di abbandonarsi al fluttuare eterno per godere di questo ritmo come un normale turista. La marea, la bassa marea in particolare, a La Baule è come una sirena che richiama al lavoro gli artigiani della pesca a piedi.
Gente comune, abitanti di queste case che già reclamano la loro anima bretone esibendo tetti di ardesia; oppure visitatori di passaggio, venuti qui con la curiosità della conoscenza e presto attirati dalle abitudini dei residenti, dai racconti dei vecchi, da una tradizione di questa terra di mare silenziosamente immortalata sui cavalletti dei celebri artisti dell’Impressionismo (Pont-Aven è vicino), e nei decenni successivi ripresa da pittori neoromantici forse poco consapevoli di tramandare una pratica antica come i lidi.
Arrivano come una piccola folla, inseguendo l’oceano che si ritira, uomini, donne, bambini: quelli che indossano gli stivali in gomma hanno il passo sicuro, come chi sa dove andare a scavare riconoscendo alghe e rocce; tutti portano secchi, e tu capirai soltanto dopo che vanno a prendersi quanto il mare ha lasciato loro, e si aspettano una pesca abbondante. Nulla di professionale, almeno qui. Più probabilmente si tratta di famiglie alla semplice ricerca di un pasto gratis, già assaporando cozze e vongole al forno, che il litorale offre generoso.
Ricetta locale, e guai a te se cederai alla tentazione di un piatto di pasta… almeno oggi, un omaggio fedele e totale a questa terra che ti accoglie con tale familiarità. In mano hanno l’attrezzatura consentita per la pesca a piedi: rampone a denti, coltello tecnico, retino dalla trama minima di 16 millimetri, gancio specifico per zona interditale, ovvero quella parte di spiaggia talvolta sommersa talvolta scoperta dalla marea. È vietata ogni forma di rastrello, paletta, setaccio e di attrezzi meccanici. Sì, perché qui la pesca a piedi è una pratica prima di tutto ecologica.
Regole di comportamento, in realtà di semplice buonsenso per una persona attenta alle dinamiche naturali, sono scritte all’accesso alla spiaggia su un murale che raffigura questo litorale di case e barche a vela, un romantico acquerello che bene esprime lo spirito positivo e costruttivo del divieto: l’Océarium di Croisic, nell’ambito della Giornata Mondiale dell’Oceano, ha voluto informare i frequentatori di La Baule sulle corrette modalità dell’attività.
Limitate la vostra raccolta di molluschi in rapporto al consumo; rispettate le taglie minime e le quantità individuali consentite (cozze di 4 cm di lunghezza, non più di 5 kg ciascuno; conchiglie a partire da 3 cm, per un massimo di 5 kg a persona; vongole da 4 cm, 3 kg; ostriche, 30 grammi di peso l’una per tre dozzine). Infine: se rovesciate una pietra, assicuratevi di rimetterla a posto prima di allontanarvi. Più che consigli di pesca, sono l’invito ad amare questo luogo. Lo sguardo aperto sulla scena ti restituirà una cartolina: tutti chini a cercare tra le alghe, su un pavimento di gusci che basta solo misurare, l’orizzonte disegnato dalle diagonali degli alberi maestri delle barche in secca.
Et voilà. La Bretagna è appena cominciata, e tu hai già la percezione esatta di quello che ti offrirà. L’emozione di una zona di confine dove la terra e il mare non finiscono di toccarsi e cercarsi, un atto d’amore che porta ogni giorno nuova vita e ogni giorno si rinnova, dove il vento non si stanca di accarezzarti muovendo il cielo in una folle danza.
La natura bretone ti accoglie nel suo spettacolare luna park, solo per dirti di non smettere di cercare, di credere che ogni giorno l’oceano tornerà per poi ritirarsi, portando con sé sempre altri paesaggi e altre possibilità. Non fermarsi, dunque, nemmeno a La Baule. Zigzagando fra terra e mare verso nord, la regione si svelerà in ogni borgo e in ogni spiaggia, in ogni faro e in ogni roccia.
L’Armor, che in lingua bretone significa mare, i 2.730 km di coste e i 1.700 km di sentieri litoranei, saranno soltanto alcune delle ricchezze naturali da scoprire. Torbiere, lande, ma anche alture e distese di vegetazione si alternano ai pascoli dell’entroterra.
La Bretagna saprà incantare l’ornitologo, il velista, il trekker, e naturalmente il fotografo, il poeta, l’uomo.
Et voilà.