Andrea Bocelli in questo momento è la voce italiana più amata e più richiesta tanto in Europa come negli Stati Uniti: i suoi dischi vanno a ruba e i suoi tour richiamano 20.000 persone a concerto. Un essere umano la cui storia si lega indissolubilmente ad un incondizionato amore per la musica, considerato che a sei anni studiava già pianoforte, poi imparò a suonare flauto e sassofono. Dopo il liceo, nonostante abbia preso la laurea di giurisprudenza all’Università di Pisa, non ha mai abbandonato il canto diventando allievo del grande tenore Franco Corelli. Un uomo sensibile, dall’indole gentile che scopriamo impegnato su fronti altrettanto delicati.
Come è il suo rapporto con l’ambiente?
«Sono nato e cresciuto nella fattoria di famiglia a Lajatico, in una meravigliosa campagna toscana, e per questo ho imparato ad amare la natura fino dai miei primi anni. La vita poi mi ha portato in giro per il mondo, lontano dai miei luoghi natii, ma ovunque mi sono facilmente adattato».
In che modo nel suo quotidiano difende il pianeta?
«Bruciamo nel camino tutto ciò che possiamo e dividiamo plastica e vetro raccogliendo in particolare i tappi di plastica per uno scopo benefico».
Qual è l’elemento naturale con il quale ha più affinità. Acqua, aria, terra o fuoco e soprattutto perché?
«Non credo di poter prescindere da alcuno di questi elementi semplicemente perché sono tutti assolutamente indispensabili alla vita».
Gli animali fanno parte della sua vita?
«Ho un buon rapporto con gli animali, almeno con i cosiddetti domestici. Li ho amati da sempre e fin da bambino ho avuto per casa ogni sorta di bestiola. Il mio rapporto più stretto, però, è stato nel tempo quello con i cavalli e quello con i cani, che io credo siano veramente degli amici dell’uomo onesti e leali».
Si è mai schierato a favore di un progetto ecologico/ambientale?
«Non mi è mai capitato di schierarmi in nessun progetto di questa natura, forse, semplicemente perché non si può fare tutto nella vita, neppure tutto ciò che si vorrebbe fare. Se mi fermo a riflettere forse mi schiererei contro la vivisezione perché ho un vivissimo ricordo del celebre racconto di Curzio Malaparte, quello che narra del suo cane, prima catturato e poi vivisezionato. E’ un racconto straziante che rimane scolpito indelebilmente nella memoria di tutti coloro che hanno letto quel libro».
La troviamo, invece, schierato a favore dell’associazione “Crescere Insieme”, pensata per rappresentare istituzionalmente l’interesse dei figli, bandendo ogni discriminazione legata al sesso dei genitori. Come mai?
«Ci tengo molto a questo argomento perché io sono un padre separato e nel nostro paese in caso di separazione o divorzio, il figlio viene solitamente affidato ad un solo genitore, quasi sempre alla madre».
E’ un’esperienza che la tocca in prima persona?
«No, nella sfortuna io sono stato fortunato. Posso prendermi cura di Amos e di Matteo insieme alla mia ex moglie. E’ proprio grazie a questo che posso dire che l’affidamento congiunto funziona perfettamente. I bambini sono innocenti di fronte ai problemi degli adulti ed hanno tutto il diritto di vivere, come è naturale, sia l’affetto del padre che quello della madre indipendentemente dalla fine del rapporto di coppia».
Vuole entrare nel merito?
«Il professore Marino Maglietta, fondatore dell’associazione Crescere Insieme, è anche ideatore di una riforma che si batte per l’affidamento condiviso, proprio ora al vaglio del Parlamento. Il testo non ha etichette politiche ed è stato voluto da padri e madri uniti nella tutela dei propri figli contro ogni interessata speculazione. Mi auguro venga approvata il prima possibile perché il nostro Paese, in questo, è fanalino di coda. In quei Paesi (Francia dal 1993, Belgio dal 1995, Germania e Olanda dal 1998) dove la legge è stata modificata i contenziosi sono diminuiti e si sono già visti i vantaggi».
Nei fatti, cosa le comporta affiancare “Crescere Insieme”?
«Significa solo essere un uomo di buona volontà e cioè uno che al mattino si rimbocca le maniche e fa quello che c’è da fare. In questo caso c’era questo da fare e mi è sembrato di prioritaria importanza rispetto ad altro».
Altro sul quale vuole soffermarsi?
«Con la vostra rivista centra poco, ma io sono presidente onorario dell’Arpa, associazione che opera nel campo della ricerca medico chirurgica. Su questo fronte mi batto con il Professore Mosca, direttore del Comitato Scientifico, affinché le ricerche siano indirizzate verso la lotta contro il dolore. Non solo per i malati terminali, ma per tutte quelle situazioni, dal post operatorio al trauma, dove il malato prova cosa significhi piangere da un male che toglie dignità. Questa lotta ha fatto grandi passi, ma non è vinta».
Per chiudere ci racconti una cosa che le è sembrata strana nel suo lavoro?
«Nel disco che porta il mio nome “Andrea” mi è capitata una cosa curiosa. L’Ina Assicurazione ha scelto una mia canzone dal titolo “Dell’Amore non si sa” come colonna sonora della campagna pubblicitaria. Ero abituato a sentire la mia voce per radio, nei locali o a rivedermi in spezzoni Tv. Sentire la mia voce abbinata ad uno spot mi ha fatto una certa impressione».