Liquidare Istanbul ricordando soprattutto che tiene i piedi in due continenti, Europa e Asia, è riduttivo. Certo quell’acqua dove, tra il Bosforo e il Corno d’Oro, si estende la penisola del Sultanahmet, casa della città vecchia, resta il pilastro dell’Istanbul turistica.
E non solo perché i suoi ponti, il Bogazici che di notte cambia colore e il Fatih Sultan Mehmet con le due sponde dalle influenze così diverse, aiutano lo sguardo ad immaginare un passato di visir e monete, calligrafi e ruffiane. La sua età Istanbul la rivela tutta: ovunque vi giriate vi correrà incontro un pezzo di storia. Quella delle origini, quando era greca e si chiamava Bisanzio, fino ai giorni in cui, con il nome di Costantinopoli, fu la capitale dell’Impero Romano d’Oriente, prima, e di quello Ottomano, poi.
E in mezzo, in disaccordo con uno sviluppo rapidissimo che l’ha portata ad essere la città più popolosa dell’Europa, Istanbul, quasi senza pudore, mostra anche i difetti: un sordo rumore di sottofondo e lo smog. Ed è questo in particolare a rendertela misteriosa, una sorta di velo che ti fa vedere la città con occhi nuovi, anche la rivedessi mille volte. Mentre, il rumore del traffico superato in decibel dalla voce del muezzin amplificata, ti resta nelle orecchie come un gracchiare indispensabile a riconoscerla comunque. Anche ad occhi chiusi.
Chi tende ad avere come riferimento un centro cittadino, a Istanbul si sentirà orfano.
Non esiste una Piccadilly Circus come a Londra, o una Piazza della Concordia come a Parigi, o una piazza San Pietro come a Roma. Qui ogni quartiere ha una sua spiccata identità, per cui preparatevi a conoscere ogni giorno tutti i suoi cuori, ogni suo variegato distretto. Il battito che li accomuna è la bandiera nazionale, insieme a quella della squadra di calcio per eccellenza, il Galatasaray.
Drappi così grandi, molto più di lenzuola matrimoniali, accese dai colori dello Stato turco, il rosso con la mezza luna e la stella brillante, o i rigoni gialli e rossi per il calcio, le bandiere vengono appese ovunque, tra un edificio di una strada e quello di fronte, nei negozi, sulle panchine, sui muri, diventando un’immagine costante in ogni foto ricordo, non solo dei turisti. Sventolano orgogliose da Beyoglu, la Soho di Istanbul, a Istikhal Caddesi, la lunghissima via pedonale dove sferraglia soltanto il vecchio trenino, antico come le sue rotaie.
Anche il delizioso Quartiere Francese, che nulla ha di turco, giusto qualche specialità dentro i menu dei ristorantini, le lascia garrire al vento.
Lo sguardo d’insieme più emozionante, però, lo avrete dalla Torre di Galata, sulla quale fanno sosta anche i gabbiani a riprendere fiato e a osservare minareti, cupole, palazzi sultanati, duomi e distese di antenne paraboliche.
Ma per mischiarsi tra la gente e svestire la dimensione del turista, dovrete perdervi o dentro il vecchio Grand Bazar, una sorta di medina dove acquistare per souvenir qualche suppellettile dell’artigianato indigeno, o dentro il Mercato delle Spezie nel Sultanhamet, la parte antica della città. Qui, entrando dall’ingresso principale e andando avanti 150 metri, sulla destra, seduta per terra incontrerete un’anziana signora. Vende dei meravigliosi guanti scrubb, stoffe ruvide dove infilare la mano per grattarsi la schiena sotto la doccia e togliere la pelle secca nei cambi stagionali. Un regalo non impegnativo, quasi sempre azzeccato e davvero economico perché ne comprerete 5 per 5 Lire turche, l’equivalente di 2,5 Euro (un Euro si cambia a 1,95 Lt).
Per i fanatici dello shopping mania, invece, ci sono tante possibilità, ma un nome su tutti: il centro commerciale Canyon. Un edificio che a livello architettonico è stato ultimamente il più gettonato tra gli argomenti di tesi dei laureandi.
Multipiano, è stato costruito, e li ricorda, come un insieme di autodromi, messi uno sopra l’altro. Una linea estremamente filante, dove sono presenti anche marchi italiani al top.
Se culturalmente non potrete non visitare le quattro pietre miliari di Istambul, il Topkapi Palace, la Moschea Blu, il ‘museo’ Hagia Sophia e l’Ippodromo, la visita che vi lascerà davvero senza fiato, perché inattesa nell’emozione che vi procurerà, è la Cisterna Basilica davanti a Santa Sofia. Poco conosciuta diventa un percorso underground sorprendente.
Sorta durante il periodo bizantino per sopperire alla mancanza d’acqua in caso d’assedio, Yerebatan Sarayi, detta appunto Cisterna Basilica, fu scoperta sul finire dell’800. Girare là dentro avvolti dal silenzio e dallo sciacquìo dell’acqua mossa dai pesci che ancora vi vivono, è incredibile. Le volte della sala, 150 metri di lunghezza per circa 70 di larghezza, sono sorrette da 336 colonne maestose attraversate da una lunga passerella che permette di arrivare al fondo dove si può ammirare un bassorilievo con la faccia di Medusa. La luce disposta per valorizzarne la grandezza e l’ambientazione di un angolo con sedie e tavoli crea una magica suggestione.
Se però volete assaporare Istanbul come fanno i locali, dopo avere avvicinato il vostro palato all’immancabile kebab e magari provato il fumo del narghilé, sedetevi su una sponda scegliendo un barettino proprio di fronte all’acqua e ordinate un raki, una delle bevande della tradizione turca. Vi verrà servito con degli appetizers di olive e formaggio feta; è a base di anice e se non lo amate chiedete in alternativa un coktail raki. I barman si sono sbizzarriti e alcuni risultano gradevolissimi anche a chi l’anice proprio non lo regge.
Mentre lo sorseggerete, sarà meno impattante pensare che in quelle acque si sono combattute battaglie cruciali, non ultima la Guerra di Troia nel 1200 a.C..
Perchè solo dal trattato di Montreux del 1936 greci, persiani, romani e bizantini, i discendenti di allora, sfruttano il Bosforo unicamente come arteria commerciale: 50 mila navi ogni anno, per capirci quattro volte di quante transitino nello stretto del Canale di Panama.
E innumerevoli sono le leggende che ancora lo attraversano. Una di queste ci porta alla Kizkulesi, o Torre della Fanciulla, conosciuta anche come Torre di Leandro. E’ uno dei simboli romantici di Istanbul e si trova su un’isoletta all’entrata del porto. Narra dell’amore infelice di Hero, rinchiusa dal padre nella torretta per tenerla lontana dall’amato Leandro. Il ragazzo solo per vederla e toccarle una mano la raggiungeva a nuoto ogni notte, non appena lei gli faceva un segnale con la lanterna. Purtroppo durante una di queste traversate nelle fredde acque del Bosforo Leandro trovò la morte e la ragazza impazzì di dolore.
La struttura è stata trasformata in un ristorante dove si cena con musica dal vivo, raggiungibile più volte al giorno grazie al servizio di piccole imbarcazioni, ma la torre è comunque aperta al pubblico e visitabile fino alla cima.
Infine, una sera, munitevi di binocolo e prendete il battello da Ortakoy, o passate un ponte, magari il Bosphorus Bridge (in turco Bogazici).
Perché è dall’altra parte, mettendo più distanza dalle luci del Mar di Marmara, con alle spalle lo splendore del Palazzo Beylerbey, che potrete davvero osservare Istanbul rubandogli l’anima. Come sottofondo sempre lo sciabordìo delle acque, ma dentro, riflessa grazie ai mille colori, come ritratta in un quadro di un califfo, Istanbul e tutti i suoi cuori.