Ci sono paure e paure, ma Dario Fo in questo momento ha addirittura un chiodo fisso. Terribilmente serio, però, una vera ossessione di cui non fa alcun mistero. “Ogni volta che incontro qualcuno ci provo. Inizio una concione sull’esaurimento delle risorse energetiche. I più scantonano, ma chi abbocca è spacciato, gli organizzo subito una mini conferenza privata snocciolando tutti i dati scientifici di cui dispongo. La cosa terrificante è scoprire che la gente non ne vuole sapere”.
Per questa ragione, per il fatto che si sente facente parte di una minoranza, non certo di eletti considerato quanto è tormentato, Dario Fo ha deciso di mettere nero su bianco la sua fissazione e ne ha fatto un libro ‘L’Apocalisse Rimandata, ovvero benvenuta catastrofe’.
In queste 201 pagine il Maestro ha disegnato un affresco tragicomico di un mondo arrivato alla sua scadenza. Racconta il giorno in cui i computer si spegneranno, i cellulari smetteranno di funzionare, le auto si fermeranno, ma soprattutto il denaro diventerà carta straccia e si tornerà al baratto.
E le tempistiche, ad ascoltare lui e i suoi amici illuminati, non sarebbero confortanti. “Purtroppo sono un pessimista, ma sono in buona compagnia. In un documentario che mi hanno mandato qualche settimana fa da Londra, uno scienziato americano di livello altissimo ad un certo punto, dialogando con un altro inventore straordinario, si chiede seriamente se suo nipote di pochi mesi riuscirà a vedere volare gli aerei. Il tempo che ci rimane è poco perché la progressione del nostro caos è veloce”.
Un quadro a tinte fosche se non fosse per i divertenti paradossi che adopera, d’altronde in discussione c’è la nostra stessa sopravvivenza e la paura va esorcizzata: “Io sono davvero preoccupato. Gli ottimisti scansano le cattive notizie, mentre io ci vado dentro alla ricerca di soluzioni, ma lo faccio ricordando che Shakespeare diceva quanto sia più facile convincere con il paradosso. Non ha più senso ripetersi che va tutto bene o che qualcuno provvederà. Anzi la rabbia è proprio questa, accorgersi che alle persone che contano, a coloro che hanno in mano la vita della gente, che sanno che stiamo andando incontro a questo destino, non gliene frega niente”.
Lo spesso strato di amarezza che pervade le sue riflessioni non gli toglie lucidità e da lottatore non molla, trova il guitto per guardare le cose da un altro punto di vista: “Se non altro, dopo il blackout totale si creerebbe un fatto importante: la distruzione dei valori attuali che sono il potere, i soldi, i mezzi, la roba come dicono nel veneto. Questo obbligherebbe la società a cambiare”.
E si lascia andare a tifare per un nuovo mondo fatto di persone che si trovano per strada a risolvere in modo pratico una quotidianità spicciola, di pannelli fotovoltaici, di torri eoliche, di combustibili vegetali, di potenti di turno intrappolati nelle loro ville bunker, di politici affamati in mezzo alla gente comune. “Gli unici a loro agio sarebbero coloro che non hanno mai avuto niente. E sono tanti, 1/6 di quelli che abitano il pianeta. Non è incredibile pensare che circa un miliardo di persone non ha mai avuto a che fare con la forza motrice del petrolio, della benzina, dei gas e nemmeno con l’elettricità? Questa gente non conosce quanto noi riteniamo fondamentale nel nostro tempo, cioè nell’ultimo secolo. Costoro saranno gli unici che non si meraviglieranno, quale che sia il disastro per loro non cambierà assolutamente nulla”.
Dopo averci fatto sorridere dicendo che l’energia fisica di un atto sessuale diventerà una nuova forma di energia, si fa di nuovo serio e spiega cosa non baratterebbe mai. “Le persone e le idee. Ci sono delle idee che sono fondamentali, dei concetti, non delle regole banali, ma dei termini, delle metope che bisogna rispettare”.
Nemmeno il fatto di essere un Premio Nobel ha fatto in modo che i potenti lo abbiano preso sul serio. “Qualche mese fa a Stoccolma eravamo in 50 a confrontarci su queste tematiche e mi sono visto come fossi davanti ad uno specchio. Ma anche noi siamo impotenti. E poi basta studiarsi un po’ di storia dal tempo dei Romani, almeno all’epoca non avevano la forza di toccare l’universo, noi purtroppo sì e in un solo secolo, o forse meno, abbiamo bruciato tutta la forza straordinaria che avevamo nel ventre della terra. Certamente siamo proiettati verso la necessità di fare rinascere un nuovo senso della vita. E sarà una fatica immane. Ma tocca a noi, o quando sentiremo l’ultimo avviso del ‘Si chiude’ sarà troppo tardi”.