Melita, Atlam: in una parola, Malta. Le numerose origini del nome fanno di quest’isola al centro del Mediterraneo esattamente quel che è: un crocevia di culture, incontro e passaggio della storia, e di tante storie. Ed è questo carattere che si impone, fin dallo sbarco su questo spuntone di roccia che emerge dalla piattaforma continentale sottomarina sicula, ad appena cinquanta miglia dall’isola italiana: a sentire parlare maltese, o a leggere la segnaletica stradale o pubblicitaria, si ha come la strana sensazione di trovarsi a casa, ma non proprio.
Chissà se anche i maltesi si sentono così, abituati come sono stati nei secoli a condividere la loro terra – seppure a malincuore – assediati, conquistati e dominati da tutti i popoli che, bene o male, sono passati da qui: dai fenici ai cartaginesi, i romani, i bizantini, i normanni e poi gli aragonesi, e ancora i Cavalieri di San Giovanni, poi i francesi, infine gli inglesi. La lingua maltese pertanto risulta quasi comprensibile al primo ascolto, per chi conosce l’italiano, il francese e l’inglese e mastica l’arabo: un’istintiva mescolanza di termini, espressioni, suoni.
Da questa difficile origine dunque si è formata l’identità locale: mai come in questo luogo, natura è cultura. Ed è per questo che il gioco di un itinerario di natura a Malta ci è parso fin da subito intrigante: andare a cercare qualcosa che non si vede al primo sguardo, trovare nuove corrispondenze, lasciarsi guidare dalle luci di fondo e scoprire quel che c’è al di fuori della scena.
Appena sbarcati dall’aeroporto internazionale di Luqa, e sistemati all’Excelsior Grand Hotel con vista sui bastioni cinquecenteschi de La Valletta – patrimonio dell’umanità Unesco – eccoci pronti all’esplorazione di questo arcipelago. Oggi c’è una bava di vento, e la cosa paradossalmente muove quanto basta gli animi di skipper ed equipaggi giunti fin qui in questa metà di ottobre per affrontare l’annuale Rolex Middle Sea Race che partirà domani, regata velica di grande suggestione, che spingerà i team verso nord, a doppiare la Sicilia e ritorno.
Per noi, che almeno in questo momento siamo con i piedi per terra, è sufficiente una rapida tappa alla Grand Harbour Marina, il lussuoso porto turistico rinnovato a Vittoriosa per accogliere ogni tipo di imbarcazione di passaggio nel Mediterraneo, per precipitarci in questa calda e modaiola estate fuori stagione (qui a Malta le temperature medie non scendono quasi mai sotto i 10° e salgono raramente oltre i 30°). Quest’atmosfera decisamente richiede un fresco drink, e per noi è subito kinnie time, il primo di una lunga serie che scandirà le nostre giornate qui nell’arcipelago: la tipica bevanda di arance amare ed erbe aromatiche, tutta maltese, anch’essa è un affascinante misto tra una cola e un chinotto, non un’aranciata né un tè. Insomma: kinnie è kinnie, come Malta è Malta.
L’isola, almeno quel che si vede qui nella capitale La Valletta, e non lontano nel centro fortificato di Cottonera – che è l’unione delle cosiddette Tre Città, ovvero Birgu detta anche Vittoriosa, Bormla o Cospicua e Senglea altrimenti Invicta – è un agglomerato pressoché infinito di costruzioni, completamente plasmata dagli uomini che nei secoli si sono qui succeduti.
Non fosse una facile battuta, e nemmeno così divertente, diremmo che l’etimologia di Malta sembra piuttosto risalire al cosiddetto materiale edile piuttosto che alla terra delle api come la definirono gli antichi greci. Fuori luogo dunque qui citare i numerosissimi monumenti e luoghi culturali di incredibile interesse: basti un cenno alla Concattedrale di St. John a Valletta, testimonianza ricca e straordinaria dell’arte maltese e alto esempio di barocco, composta da cappelle dedicate alle otto lingue miscelate a creare la parlata odierna – italiano, francese, spagnolo, tedesco, aragonese, castigliano portoghese, provenzale e inglese; come se non bastasse tanta abbondanza, qui si trovano anche le opere mirabili del Caravaggio, conservate con orgoglio dai lungimiranti Cavalieri di Malta che gli diedero ospitalità durante l’esilio.
E per un viaggio che doveva essere di natura ci siamo dilungati fin troppo. Fingeremo dunque di non attardarci ad osservare le splendide vie di tutti questi centri storici, la pietra gialla che lastrica i selciati come le pareti dei palazzi, e restituisce al visitatore la calda atmosfera di questa terra, dove emergono alla vista come uniche note di colore e tratti distintivi quei caratteristici esempi di gallaria, i balconi coperti tanto simili ai bow-window inglesi. La voglia di vedere la Malta più autentica è tanta, così come è viva l’impressione che tutta questa storia e tutta questa cultura abbiano prevalso forse troppo su un’identità che da qualche parte deve pure riaffiorare.
Ed eccolo, il posto. Marsaxlokk. Marsa, che in arabo e in maltese è porto. Xlokk, o scirocco. Dunque Marsa Scirocco, porto a sud-est. Incantevole parentesi non lontana dai clamori mondani della capitale, ma già un altro mondo. Intanto silenzio. Poi rada sicura, riparo dalle acque calme. Non a caso è il porticciolo dei pescatori, intorno al quale è nato il piccolo e assai caratteristico villaggio omonimo, che la domenica ospita il più ricco mercato del pesce dell’isola. Lampuga, spada e tonno, soprattutto.
Giusto il tempo di abituarsi a questa visione, dalla banchina a pelo d’acqua da cui il mare quasi non si vede, ricoperto com’è dalle decine di imbarcazioni della tradizione – i coloratissimi luzzu, sorta di gozzo da pesca che reca a prua il tipico occhio beneaugurante, forte simbolo maltese nonostante la provenienza egiziana o forse fenicia – e un acquazzone degno di una tarda estate sorprende i rari visitatori di questa parte dell’isola, popolata per lo più da anziani seduti sul marciapiede del lungomare. Kinnie time, dunque, sotto il tendone di un bar della costa, a godere di questo ritmo lento, di questa Malta inedita e piacevolmente sorprendente.
L’indomani, dopo la partenza della regata velica che anima la stretta Marsamxett Harbour, la baia piccola di Valletta, l’occasione di un tour aereo in idrovolante ci accompagna a conoscere un altro lato di questo arcipelago. La nostra meta è Gozo, quattro chilometri a nord-ovest per nemmeno trentamila abitanti: ecco un’isola mediterranea meridionale come ci si aspetta. Finalmente alte falesie, mare blu, appezzamenti di coltivazioni e poche case, per lo più raggruppate nei quattordici villaggi che fanno capo alla capitale Victoria. E colline, sui cui crinali si trovano i centri abitati – una posizione chiaramente difensiva, che anche in questo luogo dall’apparenza pacifica bene spiega la storia faticosa di assedi e guerre che ha segnato l’arcipelago. Una conformazione interessante, che mantiene quel che promette sia dal punto di vista del paesaggio e dell’ambiente terrestre sia per i fondali di questo mare che riflette tutti i toni del blu.
Il nostro consiglio è soggiornare qui in una farm-house, e scoprire con calma i numerosi luoghi degni di nota: dal porto di Marsalforn, alla spiaggia rossa Ramsa Hamra, alla grotta di Calipso dove la leggenda vuole abbia soggiornato per sette anni il mitico Ulisse; se siete fortunati, all’uscita dai templi megalitici di Ggantija troverete una contadina locale che vi proporrà l’acquisto davvero conveniente di prelibatezze bio – miele al timo, verdure sott’olio, conserve e marmellate. Per non parlare del sito di eccezionale rilevanza paesaggistica di Dwejra, che domina dall’alto delle falesie l’imponente Finestra Azzurra, enorme arco naturale scolpito nella roccia che si apre su una quanto mai suggestiva vista mare.
È tempo di rientrare. Le ore che ci separano dal volo per l’Italia bastano a un’accurata visita nell’antica capitale di Mdina: è la città del silenzio, nonostante siamo di nuovo sul suolo di Malta. Un’atmosfera urbana di impronta araba e un grandioso belvedere sulla pianura sottostante salutano il nostro soggiorno maltese. Fra le pietre di questo centro, colonie di uccelli nidificanti che si nascondono al nostro passaggio ci regalano un’ultima soddisfazione: chissà quante altre meraviglie naturali cela questo arcipelago!