Un giardino di rocce multicolori. Pensate a una delle ultime trovate dei promotori turistici di Dubai? Nient’affatto. Eppure, se diciamo Provenza, la maggior parte di noi visualizzerà una primavera viola intenso, il profumo suadente della lavanda in fiore, borghi quieti di ocra rossa e ritmi lenti. Appunto: l’ocra. È questo oggi il motivo del nostro viaggio. L’itinerario infatti si snoderà in una regione che rivela eccezionali caratteristiche geologiche.
Certo, le scienze della Terra possono sembrare argomenti per esperti. Eppure questa sfera che ogni giorno calpestiamo, che ruota incessantemente – e noi insieme a lei, che non finisce di stupirci ed evolve con l’umanità, ha ancora tanto da raccontare a chi ha voglia di fermarsi ad osservare. Anche per questo, dunque, intendiamo avvicinare l’argomento: siamo certi che saprà risvegliare le nostre emozioni più forti.
Innanzitutto: se fosse necessario precisarlo, definiamo geologia come la scienza che si prefigge la ricostruzione della storia del pianeta attraverso l’indagine della successione degli eventi fisici, chimici e biologici che ne hanno determinato nel corso dei tempi l’evoluzione, fino a oggi.
Il nostro viaggio geologico non ci porta lontano. Pensiamo infatti alla quieta Provenza, la bella regione dell’entroterra meridionale francese che – dicevamo – facilmente si richiama come una cartolina di un campo di lavanda. Ma oggi per noi non è tempo di luoghi comuni e tinte pastello: oggi qui i colori saranno veri, la luce intensa e abbagliante, la terra generosa. La nostra meta è Roussillon, piccolo centro del dipartimento della Vaucluse, un territorio dominato dall’evocativo Monte Ventoso (Ventoux) di petrarchesca memoria.
All’imbocco del paese ci accoglie un imponente sperone d’ocra: qualsiasi ora sia, il colore sarà diverso. Qui la terra parla, e racconta molto più di quanto avremmo immaginato. È l’ocra. Una cascata minerale che attraversa tutte le gradazioni del marrone, partendo da un bruno rossastro sulla sommità e precipitando lungo il beige, il rosso, il bianco, il giallo. Per decine di metri. Creste, pinnacoli e particolari formazioni erosive graffiano questa roccia e si impongono alla vista, testimoni fieri della storia del luogo. Rari esempi ricordano altrove una simile morfologia e, soprattutto, una tale intensità e continuità cromatica. Non dovremo essere geologi per emozionarci.
Roussillon, altrimenti detto Rossiglione, è raggiungibile facilmente dall’Italia: non lontano dalla Costa Azzurra e dalla Bassa Provenza, la strada si inoltra nell’entroterra fra panorami suggestivi di alture e valli.
Sono proprio le rocce d’ocra ad avergli reso fama, ieri come oggi. Estesi giacimenti minerali presenti in questo territorio, dagli aspetti interessanti dal punto di vista scientifico ma, soprattutto, di riconosciuto pregio per le applicazioni pratiche diffuse in ogni epoca e in tutto il mondo. Se infatti quest’area – che comprende anche il vicino villaggio di Rustrel, a una quindicina di chilometri – è turisticamente nota come il Colorado Provenzale, per la forte suggestione di un ambiente indescrivibile appieno a parole – un paesaggio naturale che la consolidata tradizione estrattiva ha reso lunare, dove il suolo e la terra paiono emergere su borghi e vegetazione, sovvertendo le regole comuni del panorama – sono tuttavia le sue caratteristiche geologiche ad averne costituito la vera storia culturale.
Questi minerali terrosi sono infatti da sempre utilizzati come pigmenti, grazie alle loro proprietà coloranti. Fra le più comuni sono degne di nota l’ocra gialla, che può essere costituita da ossido di molibdeno (molibdenite), da idrossido di ferro (limonite) o di antimonio (stibiconite), e l’ocra rossa, una varietà terrosa di ematite. Proprio queste due varietà trovano l’eccellenza a Roussillon.
A Rustrel l’estrazione dell’ocra avveniva a cielo aperto: si diboscava il suolo, eliminando lo strato sterile, e si faceva saltare con l’esplosivo la copertura ferrugginosa; poi il terreno veniva lavato, in modo da separare il prezioso minerale dalla sabbia. L’ocra quindi veniva convogliata nei bacini di decantazione, dove asciugava al sole per assumere la consistenza giusta per la lavorazione.
Ricordare qui a cosa sono serviti i colori nella storia dell’uomo non serve. A partire dall’arte, che vanta un ventaglio di applicazioni fin dalla preistoria, per arrivare alla massima espressione della pittura negli affreschi del Rinascimento; in quest’epoca si diffuse tra i grandi maestri la cosiddetta sanguigna, un bastoncino di ocra rossa simile a un gessetto di roccia pura, con cui Giorgione e gli altri tracciarono gli schizzi dei loro capolavori.
Anche prima, dall’altra parte della Terra, le culture azteca e maya impiegarono grandemente l’ocra nelle diverse tonalità, e i cosiddetti pellerossa del Nord America vennero così definiti per il costume di tingersi la pelle del corpo con questo pigmento. Più di recente la xilografia e, in età moderna e contemporanea, l’arredamento con la creazione di stucchi e la colorazione del legno hanno fatto dell’ocra larghissimo uso. Fino a far coincidere il nome del minerale con il colore corrispondente, massima esaltazione semantica.
In queste antiche miniere, che oggi ci appaiono come un modello paesaggistico di autentica bellezza, gli strati di ocra si ammucchiavano fino a raggiungere uno spessore di una quarantina di centimetri: quando il materiale assumeva la consistenza del burro, la superficie veniva rigata con una sorta di aratro a quattro punte al triplice fine di accelerare l’evaporazione, evitare la formazione di crepe e preformare i mattoni d’ocra.
Tornando fra queste rocce e questi colori, non possiamo distrarci dal contemplare passo passo il territorio. Roussillon vanta la stessa radice etimologica del termine rosso, ma lo stesso borgo già tradisce la sua natura: le facciate delle case rispecchiano l’armonia del caleidoscopio ambientale circostante, e non un solo colore si mostra uguale ad un altro, anche perché qui la luce sembra esaltare e riflettere senza sosta un arcobaleno rivelato ed emerso, e ogni ora del giorno, o della notte, rimescola le carte. Un trompe-l’oeil a cielo aperto, che dalla semplice pittura abbraccia anche la scultura naturale, se si considerano le innumerevoli forme delle rocce, plasmate dagli agenti atmosferici tanto quanto dall’attività mineraria.
Imperdibile una passeggiata lungo la Chaussée des Géants, quel Viale dei Giganti che si può apprezzare percorrendo un sentiero attrezzato scavato nell’ocra e che abbaglia nelle sue mutevoli sfumature del giallo, dell’arancione e del rosso scuro. Chi si è preso la briga di contarle ha definito quindici tonalità diverse: ma non c’è da fidarsi di un occhio umano, evidentemente.
Il primo cantiere di lavaggio dell’ocra fu insediato in questa zona nel 1871. Già nel 1900, quasi 21 mila tonnellate del minerale erano prodotte da una decina di cantieri, divenuti 22 nel 1925. La fine del ciclo produttivo data al 1992.
Fino ai primi anni del Novecento questo fu il cuore dell’area estrattiva, che continua attualmente con volumi assai ridotti. Il Museo delle Ocre e Pigmenti Applicati di Roussillon, oltre al territorio tutto da scoprire, offre al visitatore un’esauriente conoscenza della storia del luogo: è aperto tutto l’anno (www.okhra.com, sito ufficiale in lingua francese e tedesca). Il vicino Colorado Provenzale è fruibile attraverso sette sentieri predisposti, diversificati per lunghezza e impegno: pannelli esplicativi posti all’ingresso dell’area avvertono sull’accessibilità dei luoghi, siccome la zona calanchifera è tuttora soggetta a fenomeni erosivi.
Le ocre dunque sono lì ad aspettarci: questa terra ne racconta davvero di tutti i colori.