La fine del mondo. Quante e quali suggestioni reca in sé la condizione di una valle di montagna, dove la salita verso la cima richiama il senso della fatica della conoscenza e la soddisfazione della scoperta, l’aria fresca e pulita arriva ad accarezzare l’anima e il corpo, la natura integra e le tradizioni consolidate e vive suggeriscono all’uomo che ascolta il conforto della certezza e della verità. E quale forza semantica assume il concetto di confine, linea teorica di separazione in una terra che unisce, che sa restituire ai suoi abitanti e ai visitatori un’identità personale e unica. Una valle di confine, specie in montagna, è dunque un luogo ricco di significati, tramite fra due mondi e un mondo a parte esso stesso.
Così è la Val Divedro, un territorio fra Italia e Svizzera, fra il Piemonte e la regione Vallese, situata all’incontro fra le rispettive province del Verbano-Cusio-Ossola e di Briga. Un’area attraversata dal passo del Sempione, antico collegamento europeo fra la pianura Padana e la valle del Rodano. Punteggiata da borghi di forte identità come Varzo, nota località turistica e porta geografica del Parco naturale dell’Alpe Veglia e dell’Alpe Devero, Trasquera e la sua frazione Iselle, estremo centro abitato prima del confine svizzero e sede della dogana italiana.
Che sia un luogo degno di essere valorizzato e promosso è molto chiaro all’associazione Pro-Loco Val Divedro, un organismo costituito sì per coordinare le iniziative di carattere turistico, ma soprattutto per ritrovare occasioni di incontro e confronto fra divedrini. Con la consapevolezza e l’orgoglio che le bellezze di una valle di montagna spesso sono nascoste ed è una gioia andare e tornare a riscoprirle, che l’ospitalità è un valore sia per chi arriva sia per chi riceve, che la tranquillità è una possibilità di vivere l’essenza, che gli itinerari escursionistici e i piatti tipici sono un veicolo di felicità e conoscenza.
L’invito dunque è salire con calma e curiosità, per individuare quel poggio tra Varzo e Trasquera su cui sorgeva il misterioso castello fortificato e merlato, circondato da una folta pineta, abitato in epoca feudale dai signori di Lei.
Narra la storia (“Novelle e leggende ossolane” di Adolfo da Pontemalio, 1926) che questo prepotente feudatario della Val Divedro era famoso per la sua alterigia, e la sua cupa corte risuonava dei lamenti dei prigionieri rinchiusi nelle tetre carceri, mentre dall’“orrida forca (…) penzolavano per settimane intiere gli impiccati, che venivano poi di notte rotolati in un abisso, che metteva capo nel fiume sottostante”. Mancando al borgo soltanto la Chiesa, i signori di Lei erano soliti prendere parte alle funzioni religiose della valle, non tanto per devozione quanto per spadroneggiare su abitanti e clero: talvolta salivano al villaggio di Trasquera, talaltra scendevano alla parrocchiale di San Giorgio di Varzo.
Un giorno di Pentecoste, mentre la Messa cantata di Trasquera procedeva tra fervidi cori e Gloria in excelsis, e i sacerdoti avvolti nei paramenti purpurei in segno di giubilo si accingevano alla celebrazione, il feudatario entrò contrariato per non essere stato accolto da omaggi e riverenze sul sagrato, sguainò la spada e impose ai presenti di ricominciare il rito con canti funebri e vesti luttuose. Al ritorno al castello, il suo cavallo superbamente bardato inciampò e cadde nel burrone con il signore di Lei in groppa. Ebbene, quella Messa da requiem fatta celebrare a dispetto del rito non era stata recitata invano.
Tornando ai tempi nostri, nel fondovalle si trova Crevoladossola, tranquillo borgo ai piedi dei monti e principale centro economico divedrino. Un paese ricco di testimonianze artistiche e storiche, nei cui pressi si trova un ponte napoleonico che in passato giocò un ruolo fondamentale nella regolazione dei collegamenti fra Italia e Svizzera e venne ritratto anche in numerosi dipinti e in stampe dell’Ottocento. Non lontano, lungo la strada del Sempione, il cosiddetto Ponte Nuovo è invece di fattura romana, ricostruito nel 1300 dopo la distruzione del manufatto precedente voluto da Augusto.
E parlando di valli e ponti il riferimento necessario è alle acque. Il torrente Diveria, che nasce in territorio elvetico, solca la Val Divedro e va a confluire nel Toce: ma prima di congiungersi con questo, incontrando l’Isorno, in prossimità della storica centrale idroelettrica disegnata dall’architetto Portaluppi oggi troviamo l’area naturalistica del lago Tana, habitat di costituzione recente ideale per l’avifauna stanziale e di passo. A proposito della natura del luogo, molto di quanto si può vedere ora è stato fatto dalla storia.
La Val Divedro è una delle sette valli laterali dell’Ossola ed è ancora caratterizzata da un ambiente alpino selvaggio, nonostante nella stagione invernale sia in grado di accogliere gli amanti della neve nei moderni impianti sciistici di Ciamporino. Le Alpi occidentali mostrano una biodiversità particolarmente ricca nel territorio del parco naturale dell’Alpe Veglia e dell’Alpe Devero: un’area di tutela che protegge fiori, piante, animali e paesaggi delle montagne intorno a Varzo.
Sin dal Medioevo, i pascoli dei due alpeggi sono stati intensamente sfruttati dagli abitanti del fondovalle, che nel corso dei secoli hanno modificato il paesaggio naturale, piegandolo ai propri bisogni: incanalando le acque, bonificando i paludosi, limitando il sottobosco di mirtilli e rododendri per aumentare la superficie coltivabile, costruendo nuclei abitativi. Ma, nonostante i cambiamenti apportati dall’uomo e dalle variazioni climatiche, il fascino e la bellezza di queste vallate si sono conservati integri e la loro preservazione è compito primo del Parco, accanto alla valorizzazione del lavoro degli alpigiani. Dal 1995 il Parco Naturale dell’Alpe Veglia e dell’Alpe Devero si estende dal Monte Leone fino alla Punta d’Arbola per più di ottomila ettari.
Un vero e proprio monumento naturale di queste zone è la cascata del Toce. Come autentica attrazione del luogo fu visitata e amata da numerosi visitatori illustri, come Richard Wagner, Gabriele D’Annunzio, la regina Margherita, Ferdinand De Saussure e Stoppani, che hanno lasciato entusiastiche descrizioni di quella che veniva già definita la più bella cascata delle Alpi. Il sentiero che la costeggia, di vera suggestione, è un tratto della via mercantile dal Gries che ha unito per secoli Milano e Berna.
Dagli inizi del 1930 le acque del Toce vengono utilizzate per la produzione di energia elettrica: per questo motivo, la cascata del Toce è visibile nella sua maestosità solo per brevi periodi dell’anno. Caratteristiche tecniche: sommità del salto m. 1.675; piede del salto m. 1.532; altezza del salto m. 143; reclinamento roccioso m. 200; fiocco d’acqua all’orlo m. 20; larghezza alla base m. 60. L’apertura alla visita è consentita dal 7 giugno al 28 settembre.
Infine, se siete nati per vivere all’aria aperta e non sapete rinunciare alle attività sportive in natura, qui al confine fra Italia e Svizzera c’è il posto che fa per voi. Nei pressi di Varzo, infatti, la Val Divedro si dirama verso la Val Cairasca: da qui si raggiunge la frazione San Domenico (1.420 m.), nota meta di villeggiatura sportiva dotata degli impianti sciistici del complesso di Ciamporino.La stazione, che sviluppa venti chilometri di tracciati fino a 2.500 metri di altitudine (Bocchetta dei Crosi), è apprezzata in particolare per le vaste aree di fuoripista praticabili in tutta sicurezza. Questa è una delle zone dell’Ossola che in inverno raggiunge il miglior innevamento e in estate sa offrire la quiete di boschi di larici e prati verdi, con un’articolata rete di sentieri escursionistici e strade sterrate.