«Ricordo quella volta che Gianni e Umberto Agnelli salirono sulla Federico C, imbarcati sotto altro nome. Eravamo nel 1971, o forse nel ’72 e l’Avvocato, che aveva il suo cuoco personale, per un nostro inconveniente fu obbligato a scegliere un piatto dal menù del giorno.
Gli piacque talmente tanto che da allora si fidò della nostra cucina e un mese dopo essere sbarcato, tramite il suo segretario, ci scrisse una lettera per chiederci la ricetta. Ovviamente l’accontentammo».
Sono questi gli aneddoti che ripesca per noi dalla memoria Salvatore Salerno, una vita trascorsa imbarcandosi e sbarcando da tutti i porti del mondo, 40 anni di lavoro solcando i mari a bordo delle navi della flotta Costa Crociera, di cui solo 60 giorni all’anno con la terra ferma sotto i piedi. Partito dalla semplice mansione di addetto alla pulizia dei tavoli, in quasi mezzo secolo di servizio, Salvatore arriva a ricoprire un incarico tra i più prestigiosi, quello di maître. Grazie anche all’adorata moglie Alma che lo ha aspettato a casa crescendo i loro figli senza fargli pesare la non presenza.
«E’ stata una vita intensa per entrambi, ma adesso che sono in pensione siamo sempre insieme. E’ stato mio padre Francesco ad aprirmi la strada, navigava anche lui, ma rifarei tutto perché così ho avuto il privilegio di incontrare nomi altisonanti e spero di riuscire a trovare un editore per scrivere un libro. Con alcuni di loro sono rimasto in contatto e puntualmente mi rispondono agli auguri natalizi che non manco di fargli pervenire».
Nell’attesa della sua opera prima, Salvatore ci regala qualche anticipazione. «Sulle navi Costa, oltre agli industriali ho servito molti cantanti. Tra questi l’indimenticato Claudio Villa che negli anni ’80 si era imbarcato con la moglie e le figlie. Siccome odiava il play back si era portato la base, voleva assolutamente cantare dal vivo. Quando c’era lui, però, avevamo l’accortezza di non trasmettere mai le canzoni di Domenico Modugno. E guai a dimenticarsene».
E anche su colui che è considerato il padre dei cantautori italiani, Salvatore ha un personalissimo ricordo: «Modugno mi ritorna davanti agli occhi in un mattino del 1984 in una crociera di Natale, elegantissimo in vestaglia di seta e sciarpina al collo, sempre indaffarato al telefono. Gli ospiti volevano un suo concerto ma il teatro era troppo piccolo e allora gli chiesi di cantare in sala da pranzo. In cambio mi chiese solo di avere il pesce spada, di cui era ghiotto, per tutto il resto del viaggio. Arrivò con la chitarra e si mise a fare il menestrello cantando qualche canzone e girando tra i tavoli. Fu un’apoteosi».
Altra categoria con la quale Salvatore ha avuto molto a che fare è quella degli attori, tra questi ‘er grande sor’ Alberto Sordi, salito a inizio anni ’80 sulla Columbus per girare il film In Viaggio Con Papà, sulla cui scia è stato poi fatto anche Natale In Crociera uscito a dicembre 2007.
«Tutta la troupe si era imbarcata a Genova ed è sbarcata ad Ajaccio. Per me sono stati tre giorni di tensione, c’erano cavi, cavetti e luci ovunque e mi preoccupavo per l’incolumità degli ospiti che avrebbero potuto inciampare o altro.
Ripensando a Sordi però sorrido perché nel girare una scena a tavola, me lo rammento ben pettinato, vestito con abiti di classe, in perfetto ordine, ma solo dalla cintura in sù. Sotto aveva braghette corte e pantofole ai piedi. Inoltre, l’ultima notte di riprese terminarono talmente tardi che la cucina era chiusa.
Sordi chiese se si potesse avere almeno una spaghettata aglio, olio e peperoncino, ma i cuochi erano già andati via. Siccome l’unica cosa funzionante era la panetteria, risolsi la cosa proponendo un calice di vino e vassoi di bruschette per tutti. All’indomani mattina però mi resi conto che avevano consumato l’intera quantità di pane sfornato per la giornata e fummo costretti a cambiare il menù della colazione all’ultimo. Onestamente, quando la troupe scese fu un sollievo. Tra l’altro, con Sordi c’era un giovanissimo Verdone, ancora sconosciuto allora. Fu cacciato a suon di grida dai cuochi perché era entrato in cucina senza permesso».
E non mancano gli aneddoti divertenti e probabilmente ingigantiti nel passare di bocca in bocca, come quello che riguarda Nino Manfredi e Barbara Bouchet dei quali, sulle prime, sentiamo raccontare di un piatto rotto dalla Bouchet direttamente sulla testa di Manfredi. Ma la versione di Salvatore è diversa, non sappiamo se per riguardo agli attori, per verità, o per abitudine professionale a mantenere un decoro.
«In quell’occasione, durante il pranzo, sentii che Manfredi parlava con la Bouchet dello spot Lavazza, quello dove appariva con lui la famosa vecchina. Manfredi stava dicendo di essere preoccupato perché la salute della vecchietta non era ottima. Si chiedeva chi l’avrebbe sostituita nel caso avesse dato forfait. A quel punto Barbara Bouchet si propose. Non l’avesse mai fatto! Manfredi sbottò sottolineando che con quelle ‘tette’ nessuno avrebbe più pensato al caffè…L’attrice probabilmente si offese e se ne andò stizzita».
Davanti ad un primo piatto, arriva anche il ricordo di Salvatore su Ugo Tognazzi che, da appassionato quale era, voleva sempre metterci le mani e entrare in cucina. «Eravamo negli anni ‘70 e un giorno Tognazzi decise di cucinare lui stesso un risotto allo champagne, voleva sperimentare per noi una sua ricetta con una procedura particolare. Fu un tale successo che entrò di diritto nel menù di tutte le crociere Costa e ancora oggi so che lo propongono».
L’ultimo aneddoto riguarda invece il calcio e una confidenza fatta in merito alla finale Italia-Brasile del 1970 a Città Del Messico. «Subito dopo quella bruciante sconfitta per 4 a 1 a favore del Brasile, a bordo dell’Eugenio C è salito Pelè. Chiacchierando con lui sulla tecnica di gioco, mi disse di avere avuto la certezza di vincere soltanto quando aveva saputo che non sarebbe entrato Rivera. Toccava a lui marcarlo e sapeva che gli avrebbe dato del filo da torcere.
Mancando Rivera, per sua stessa ammissione, Pelé ha potuto smarcarsi meglio e portare a casa la Coppa Del Mondo».
Ricetta per il risotto allo champagne di Ugo Tognazzi
Si tolgono tutte le etichette alla bottiglia di champagne. Si prepara un risotto in bianco alla maniera tradizionale, cioè con una base di soffritto di cipolla e allungato via via con del brodo. Il trucco è alla fine: si versa il riso su un grande piatto da portata, si dispone la bottiglia in centro e la si stura piano battendo dolcemente la base della bottiglia con una forchetta. A quel punto lo champagne sgorga e deve essere amalgamato immediatamente con il riso. E servito subito dopo. Se per caso, lo champagne non dovesse iniziare a uscire, pur sollecitato con i colpettini di forchetta, c’è un segreto che ha svelato Tognazzi: aggiungere dentro la bottiglia un piccolo cucchiaino di zucchero.