A San Salvador, la capitale di El Salvador, il più piccolo Stato del Centro America, un uomo che sta attraversando un brutto periodo, ogni giorno, da sei mesi, va a pulire una tomba che si trova nella Cattedrale Metropolitana. Se lo incontrerete sappiate che non è un addetto ai servizi di manutenzione, ma soltanto un essere umano in attesa di quello che lui definisce “la mia unica salvezza”.
Si chiama Orazio, è anziano e non trova lavoro, ma sa dei miracoli di un Arcivescovo nato come lui a Barrios. Anziché lasciarsi andare alla disperazione ha scelto di reagire alla sua maniera. Ogni mattina di buonora prende un autobus partendo dalla provincia di San Miguel, percorre circa due ore di strada e arriva nella capitale. Si dirige subito verso i sotterranei della chiesa dove, in fondo a destra, si trova l’enorme scultura in bronzo che ospita le spoglie di quel sacerdote.
Spolvera il suo sepolcro, lo lava tirando a lucido la base di marmo rosso, spazza per terra e sistema i fiori freschi che gli altri fedeli lasciano durante l’arco della giornata. Intende onorare così Oscar Arnulfo Romero, Monsignore con processo di canonizzazione in corso, probabilmente futuro Santo di El Salvador.
Il primo miracolo che gli hanno attribuito racconta di una paziente ricoverata all’Ospedale Divina Provvidenza, proprio quello dove sono state prestate le prime cure a Romero dopo l’attentato che gli è costato la vita. La donna è guarita dalla lebbra non appena le suore le hanno pulito le ferite con una parte del cotone con il quale era stato tamponato lo squarcio dell’arcivescovo.
Era il 24 marzo 1980, un caldo giorno marzolino e nella cappella di questo Ospedale era in corso la celebrazione della Messa officiata a porte aperte da Romero. Da un maggiolone è sceso un tiratore scelto che imbracciava un fucile di precisione. Un solo sparo direttamente al cuore e il Padre, tra lo sgomento e le urla dei fedeli, si è accasciato sull’altare in una pozza di sangue.
Da tempo era diventato una figura scomoda perché denunciava le violenze della dittatura del suo Paese. Quel giorno nell’omelia aveva appena inveito contro il governo di El Salvador, che aggiornava quotidianamente le mappe dei campi minati mandando avanti bambini che restavano mutilati dalle esplosioni.
Il suo coraggio lo ha fatto diventare un’icona contro le ingiustizie perpetrate ai danni dei poveri e oggi viene celebrato non soltanto nei luoghi ufficiali, ma sempre di più in mezzo alla gente. Lo si trova dipinto anche in villaggetti sperduti, ritratto sui tanti murales dagli sgargianti colori che identificano questa parte di mondo.