Il messaggio è chiaro: la prova è stata dura, i segni di sofferenza persisteranno ancora a lungo, ma le risorse di una regione come questa sono innanzitutto la forza e la fiducia nelle proprie capacità, il calore dell’accoglienza e la ricchezza di attrattive ancora in parte inesplorate. E allora si riparte.
Dopo l’annus horribilis che ha messo in ginocchio questa terra e la sua gente, in seguito al devastante terremoto del 6 aprile 2009 che ha distrutto L’Aquila e provocato oltre trecento morti, circa milleseicento feriti e centomila sfollati, l’Abruzzo si presenta all’Italia e al mondo con la dignità e l’operosità tipiche del suo carattere, con la tenacia e la competitività che fanno un’eccellente meta turistica.
E almeno ogni italiano che in questo 2010 programmerà una vacanza dovrebbe, fuori da ogni raccolta benefica o sostegno umanitario, fare una cosa molto semplice, per dimostrare la propria partecipazione e nello stesso tempo arricchire l’esperienza personale di viaggiatore: visitare l’Abruzzo. Che, nella sua varia offerta, ben distribuita nelle quattro province, è pronto a un’accoglienza degna di ogni esigenza.
Per questo, anche a noi di SanVoyage piace cominciare l’anno nuovo con una meta tanto significativa. Ed eccoci sulla strada che dalla costa pescarese muove verso il territorio aquilano: un ambiente caratterizzato dapprima dalle dolci Colline Teatine, dove si producono ottimi vini e un olio di oliva a Denominazione di Origine Protetta che porta lo stesso nome, per inoltrarsi a poco a poco verso i rilievi montuosi che culmineranno nei massicci del Gran Sasso e della Majella.
Sono queste le zone – dicevamo – di ottimi vini, oltre che dell’allevamento ovino che da sempre caratterizza anche fortemente la gastronomia locale. A volerne citare i simboli, il rosso per eccellenza è il Montepulciano d’Abruzzo, il rosato è il Cerasuolo cosiddetto per il colore e il sentore fruttato che ricorda la ciliegia, il bianco è il Trebbiano. Tra gli altri tipici della regione va menzionato il Pecorino, che qui non è soltanto un pregiato formaggio ma si può degustare anche in calice.
I piatti? Beh, naturalmente gli abbinamenti ideali sono con la cucina tipica della tradizione abruzzese: il brodo di gallina con cacio ovo e cicorielle, maccheroni o spaghetti carrati alla chitarra con le polpettine, il cosciotto di agnello con le erbe aromatiche e le patate al coppo, e poi – immancabile – la pizza dolce, ovvero la torta regionale di pan di Spagna e crema al cioccolato. Il menu è firmato dallo chef Marcello Spadone, ed è una delle proposte di ristorazione al Castello di Semivicoli delle cantine Masciarelli a Casacanditella (Chieti).
Il viaggio intanto procede immersi in un bel paesaggio, nel cuore del territorio che un tempo veniva definito al plurale, ovvero gli Abruzzi, delimitati al di sopra e al di sotto del fiume Pescara: il comune di San Valentino in Abruzzo Citeriore, che stiamo ora attraversando, ancora ricorda nel nome l’antica suddivisione.
Località degne di nota per chi ama gli itinerari in natura sono certamente le gole di Popoli, aspre e suggestive alture caratterizzate da una forte erosione e venti costanti, che regalano panorami sontuosi e un ambiente interessante, protetto dalla Riserva Sorgenti del Pescara che tutela le acque purissime di questa zona a vocazione termale. Il paesaggio mostra paesi e gruppi di case arroccati su speroni rocciosi, ed evidenzia la particolare conformazione dell’interno appenninico.
Poco oltre, già in territorio aquilano, la piana di Navelli è luogo di coltivazione del pregiato zafferano dop, e la strada è punteggiata da numerose piccole chiese rurali a pianta quadrata dell’anno 1000 straordinariamente conservate, che tracciano il passo dell’antico tratturo della transumanza di greggi dagli alpeggi estivi sulle montagne abruzzesi ai pascoli di svernamento sul Tavoliere delle Puglie. Mentre il nostro veicolo procede, il pensiero va ad un’imperdibile vacanza a ritmo lento, a ripercorrere le orme eterne di quegli uomini e di quelle pecore, in un contemporaneo itinerario di trekking o mountain-bike. Gli abitati medievali aggrappati a mezza costa, i monti selvaggi e solitari tutt’intorno, e quest’ampia pianura panoramica rendono l’evidenza di una vocazione all’ecoturismo ancora in gran parte inconsapevole.
E, da queste montagne, il viaggio procede naturalmente verso il capoluogo de L’Aquila, che si presenta oggi ferita in profondità ma ancora rivela un fascino urbanistico, architettonico e culturale degno della sua gloriosa storia. La città medievale di tutti i borghi della montagna, creata con un progetto di aggregazione politica che si riscontra nelle novantanove chiese, nelle novantanove piazze, e nelle novantanove cannelle della celebre fontana.
Erano i tempi in cui Pietro da Morrone viveva da eremita in una caverna di questa sottocatena della Majella, e consolidava la fede religiosa che lo avrebbe portato a divenire papa Celestino V: le sue spoglie si trovano nella basilica aquilana di Santa Maria di Collemaggio, dove fu incoronato, aperta a una visita parziale per i restauri conseguenti ai gravissimi danni subiti per il terremoto.
Tra le frazioni accessibili figura Paganica, pure altamente segnata dall’evento sismico: da qui parte la funivia del Gran Sasso e si apre la visita alla vasta zona tutelata dal parco nazionale. Mentre si progetta l’imponente ricostruzione, fra il rumore incessante dei cantieri che ancora mettono in sicurezza gli edifici danneggiati, è fondamentale individuare con chiarezza le possibilità di strategie turistiche ed economiche – riflettono oggi gli amministratori del territorio – al fine di ritrovare anche un’identità della provincia aquilana, che pure in un momento storico così delicato e precario appare evidentemente nella sua forza e ricchezza originarie.
Anche per questo una visita a L’Aquila è consigliata. Passeggiare tra le vie disabitate del centro solcate da palazzi storici imponenti e bellissimi, nel percorso obbligato attualmente possibile, entrare nel bar-pasticceria di piazza del Duomo appena riaperto, acquistare beni presso i chioschi in legno che sono la nuova vetrina antisismica dei negozi inaccessibili, e poi tornare ad alloggiare a qualche decina di chilometri godendo del vario territorio abruzzese, è un atto turistico tra i migliori che ci sentiamo di suggerire in questo inizio d’anno.
Il viaggio attraverso la natura d’Abruzzo proseguirà senza sosta, e con sempre maggiori sorprese. Una tappa necessaria, in qualunque stagione dell’anno, è il Parco Regionale Naturale del Sirente-Velino, una distesa di montagne al centro dell’Appennino, patria dell’orso marsicano e del camoscio d’Abruzzo al pari delle aree protette di importanza nazionale, che regala molti scorci paesaggistici interessanti, borghi quieti e tradizioni autentiche.
Se amate la ricercatezza pure nella semplicità, l’albergo diffuso Robur Marsicorum nell’Altopiano delle Rocche è un esempio contemporaneo di accoglienza, nel cuore di un borgo antico abbarbicato a mezza costa, dove imperano la pietra a vista, il legno, arredi contadini d’epoca, accanto a moderne e confortevoli soluzioni abitative.
Preferite il mare, ma non volete rinunciare al ritmo naturale? Il litorale chietino fa al caso vostro. A pochi chilometri a sud infatti, verso il confine con il Molise, la Costa dei Trabocchi conserva un ampio tratto tutelato, ancora oggi punteggiato da queste antiche macchine da pesca. Una delle più datate venne costruita nel ‘700, e da generazioni è di proprietà della famiglia Verì: è l’ultimo discendente, Rinaldo, che ci accoglie a Punta della Balena, nel comune di Rocca San Giovanni.
È un traboccante appassionato della storia del luogo, che conserva e gestisce con il giusto orgoglio la sua palafitta intrecciata di cime e travi, protesa all’estremità di un molo di legno verso il mare aperto. Spiega il funzionamento dell’argano manuale, che viene azionato per calare e ritirare l’ampia rete. In stagione, sul suo trabocco è possibile anche gustare cene di pesce, e la visita restituisce sempre le vibrazioni universali dell’attesa e della vita sull’acqua, comuni alle diverse civiltà che, nel mondo, hanno sviluppato questo sistema.
Prima di allontanarsi, è d’obbligo una tappa alla vicina Vasto, splendido borgo medievale caratterizzato da un centro storico ben conservato e da una posizione panoramica sull’Adriatico a 144 metri di altitudine. Non lontano, la bella Abbazia di San Giovanni in Venere, distese di uliveti delle pregiate varietà chietine, e l’oasi naturalistica di Punta Aderci.
Tornando verso nord, Pescara accoglie i visitatori con la sua particolare impronta architettonica di epoca fascista, e il centro storico conserva gioielli come la casa natale di Gabriele D’Annunzio e il Museo delle Genti d’Abruzzo.
Nell’entroterra si segnala Città Sant’Angelo, sede di una collegiata trecentesca di rilievo, e dotata di un tipico impianto urbanistico: qui si rievoca ancora con convinzione l’antico e maestoso rito enogastronomico della Panarda, banchetto di proporzioni colossali – composto, di fatto, da tutti i piatti abruzzesi, per un incredibile totale di sessanta portate – tramandato nei secoli come occasione di indulgenza dei potenti del luogo, che offrivano cibo al popolo indigente in tempo di carestia.
A rappresentare il Teramano, nel nostro viaggio alla riscoperta dell’Abruzzo, è il suggestivo borgo di Atri: qui si segnala un belvedere notevole, edifici religiosi di pregio, lo straordinario ciclo di affreschi di epoca rinascimentale della Cattedrale di S. Maria Assunta, un bel parco comunale e l’omonima riserva naturale dei calanchi, che regalano ancora nuovi scorci, sono il terreno ideale per la produzione della tipica liquirizia, e ci accompagnano verso l’area del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
Qui si conclude il nostro itinerario abruzzese. Lasciamo i paesaggi solenni dell’Appennino con il proposito di ritornare per un altro percorso spirituale, che parta dalla montagna sacra della Majella e raggiunga l’altipiano di Campo Imperatore, definito il piccolo Tibet italiano e tanto caro a papa Woytila. Soprattutto, torneremo per guardare in faccia la rinascita de L’Aquila, e ritrovare gli occhi amichevoli e vivi di questa gente meravigliosamente tenace.