A chi non piacerebbe parlare con gli animali come si dice facesse San Francesco?
Non è stato però il frate di Assisi ad avere influenzato la britannica Jane Goodall, una delle più stimate etologhe ed antropologhe del mondo, la donna che è riuscita a codificare il linguaggio degli scimpanzé riuscendo addirittura a dialogare con loro. Al Museo Tridentino di Scienze Naturali di Trento, il Dr Jane, come la chiamano oramai affettuosamente in tutto il mondo, è arrivata in occasione del decennale della Fondazione Jane Goodall Institute Italia per ricevere il titolo di Conservatrice Onoraria, ma già nei primi mesi del 2010 l’attende un altro importante traguardo, ricorre infatti il 50enario della sua partenza per Gombe, il viaggio che ha dato il via a tutta la sua avventurosa vita.
Nel 1960 infatti, la poco più che ventenne Jane Goodall con addosso soltanto una grande passione per gli animali, partì da Londra per l’Africa e non immaginava certamente che per dedicarsi allo studio dei primati avrebbe vissuto metà della sua esistenza tra gli alberi del Gombe Stream National Park in Tanzania (all’epoca Gombe Stream Chimpanzee Reserve).
Sebbene da ragazza le piacesse frequentare il Museo di Storia Naturale di Londra, la ragione per cui la sua esistenza ha preso questa piega ha radici ancora più antiche. “Quando avevo 10 anni lessi diversi libri che narravano le avventure di Tarzan, il personaggio immaginario inventato da Edgar Rice Burroughs. E sono state quelle mitiche imprese a colpire la mia fantasia, a farmi sognare di vivere come lui e ad innamorarmi per sempre del continente africano. Guardavo l’Africa su una mappa del mondo e mi dicevo, presto ci andrò”.
Si dice che nel nome ci sia un destino quindi non stupisce che ‘lui Tarzan, lei Jane’, anche se a determinare il destino della signora Goodall fu soprattutto l’incontro con il famoso paleontologo Louis Leakey che la scelse per alcuni studi pioneristici da fare in mezzo alla natura della Tanzania, convinto che studiando il comportamento di queste scimmie si sarebbe capito quello umano visto che il loro DNA è diverso solo per l’1% dal nostro.
“Quando arrivai la prima volta nel Parco di Gombe, forse perché ero giovane, le autorità non mi facevano muovere liberamente da sola e allora, per i primi mesi, mi raggiunse mia madre Vanne che mi incoraggiò sempre.
Vivevamo dentro una tenda in condizioni primitive, ma era un sogno che si realizzava, tutto il giorno in giro per la foresta da sola e quando calava il buio tornavo alla tenda e cenavo con mia madre, momenti semplici eppure ricordo quei giorni come tra quelli più felici. Tutte le mie straordinarie memorie sono legate all’Africa e alla vita selvaggia vissuta nella giungla, non solo nel Gombe, ma anche nel Serengeti o nel cratere vulcanico del Ngorongoro, sempre in Tanzania”.
Il Dr Jane, all’inizio derisa come pazza perché l’establishment scientifico considerava gli animali incapaci di sentimenti e pensieri mentre lei osò pubblicare i suoi studi parlando di ‘comportamento umano’ dei primati, non avrebbe mai nemmeno pensato che quelle ricerche diventassero la sua personale bandiera a favore della biodiversità e un impegno fattivo per salvare il pianeta.
Sebbene voglia precisare: “Non ho mai desiderato essere uno scimpanzé, ma solo vedere almeno una volta il mondo con i loro occhi.
Sono animali per cui i bambini provano una particolare attrazione, per questo sono stati inseriti nei progetti didattici di molte scuole. Sono capaci di gesti di affetto e nel loro linguaggio non verbale hanno abbracci, baci, rabbia, stati d’animo simili ai nostri.
Personalmente i miei sforzi, però, non sono indirizzati alla difesa dei diritti degli animali, quanto a rendere più responsabili gli uomini. Di conseguenza verrà il resto”.
Oggi Jane Goodall è Messaggero di Pace per l’Onu e viaggia 300 giorni all’anno per dare sostegno al Jane Goodall Institute con il quale porta avanti progetti che coinvolgono le popolazioni locali nella conservazione delle specie scoperte e della biodiversità generale di 100 Paesi in tutto il mondo dove l’Istituto opera con il nuovo programma Roots & Shoots (Radici e Germogli).
L’intensità della vita che ha vissuto, la bellezza dei luoghi che ha visto e la causa per la quale si batte, saranno tra poco sul grande schermo con il film ‘Jane’s Journey’ (Il Viaggio di Jane), che racconta l’esperienza straordinaria di questa elegante donna, alta, esile e bionda, restata a lungo lontana dalla civiltà, più in compagnia di animali pelosi che di esseri umani.
“Dopo oltre 4 anni di preparazione oramai il film documentaristico è quasi pronto, racconterà molto dei miei anni sempre in viaggio e spiegherà perché ho scelto una vita così pazza. La co-produzione è tedesca e il regista Lorenz Knauer è riuscito a raccontare la storia trasferendo egregiamente anche la mia visione positiva verso la vita”.
La sua persona infatti emana talmente tanta serenità da essere stata paragonata a quella del Mahatma Gandhi, ma per tutti Jane Goodall è e sarà per sempre ‘l’Ambasciatrice degli scimpanzé’. E magari la salvezza dell’homo sapiens arriverà proprio da loro, perché come chiude Jane “Il fatto che ci somigliano ha inspirato ed incoraggiato tanta gente a comprendere la necessità di salvaguardare l’ambiente rendendolo migliore per tutte le cose viventi. E sarà la leva dell’empatia verso gli animali in genere che potrà aiutarci a cambiare il mondo in meglio”.
Le foto sono una gentile concessione del Jane Goodall Institute © Michael Neugebauer