“Nel golf divento meglio di un radmonate, annuso l’acqua e la becco sempre. Il peggio mi è capitato a Castel Gandolfo qualche anno fa. Dopo avere fatto diversi tentativi con un drive in un una buca incredibilmente ostica, dove tra l’altro ero tranquillo perché sapevo che non c’era ombra di pozze di nessun genere, sono riuscito lo stesso a mettere la mia palla in acqua. Ancora non so come ho fatto, ma devo averla colpita in modo decisamente maldestro perché sono riuscito a finire in un laghetto di una buca vicina che andava in tutt’altra direzione.
Tra l’altro, mi scoccia avere questo brutto rapporto con l’acqua. E’ un elemento che mi piace, per me fondamentale e facendo così mi sembra di tradirla.
In generale, comunque, pur giochicchiando da otto anni, resto un neofita. Ho iniziato per motivi familiari perché da qualche anno mio fratello, a maggio, organizza la Celebrity Golf Cup. Insomma, un po’ mi tocca, un po’ ci provo, ma riconosco di avere un grosso problema. Se mi vanno bene i primi tiri, mi ringalluzzisco e reggo lo stress del campo, diversamente mi stufo subito e mollo. Onestamente in questo gioco non ho molta pazienza e quindi, nonostante non ci dedichi tanto tempo, sono sempre in fase di apprendimento della tecnica.
Comunque, almeno una cosa mi riesce bene: mi diverte moltissimo puttare. Sul green sono bravo, paradossalmente, perché so che molti giocatori esperti non hanno questa abilità. Misurano, studiano la situazione per minuti, si piegano, si rialzano guardando la pendenza, prendono il metro, guardano il green da angolazioni diverse, fanno i raggi X ad ogni piega del terreno e alla fine sbagliano. Io no, vado a occhio e mi va quasi sempre bene. Dovrei forse darmi al mini golf.
Mi piacerebbe ritornare a giocare in Sardegna, a Puntaldia. Oltre a piacermi la zona mi è piaciuto il campo, così suggestivo con le buche che si affacciano direttamente sul mare. Però, visto il mio problema con l’acqua, forse dovrei scegliere la montagna, in modo da evitare di perdere le palline tra le onde.
In ogni caso, non essendo un patito, tendo ad andare dove mi invitano, senza scegliere, ma ogni volta ci provo, ci credo e pratico pur restando un giocatore di golf molto molto per caso. Non ci sono gestualità scaramantiche che lego al golf, anche se dagli inizi giro con un portachiavi in tasca, uno di quelli con la classica pallina
da golf penzolante. Posso dire che ho notato che quando ce l’ho va bene, o, forse dovrei dire, va meno peggio. La scaramanzia vera la riservo soltanto allo spettacolo.
Sui grandi golfisti, invece, sono ignorantissimo e non riconoscerei il volto di nessuno di loro. Potrei giocare vicino a Tiger Wood senza saperlo. Sono più attento ai ferri e alla loro resa. In più non ho ancora capito bene come funziona lo score e, in questo, mi vengono sempre in aiuto i compagni di gioco. Quelli che ho vicino. E la cosa più divertente è che di fronte ad un buon colpo, non sono io il primo a saperlo e ad esserne soddisfatto, ma sono gli altri a farmi i complimenti. Così gongolo quasi a scoppio ritardato. Non ho certo la tensione di chi vuole assolutamente giocare bene o vincere, anzi, non mi preoccupo proprio. Se poi va bene, meglio. E solitamente, non cercando mai il risultato, non mi va mai così male. Del mio peggiore score, comunque, potrebbe parlarvene soltanto chi ha giocato con me e mi ha segnato i punti. Solitamente capisco che non è andata bene dalla frase che mi dicono alla fine – Dai che non importa, va bene lo stesso -.”
(Massimo Lopez)