“Per il mondo del golf io sono una specie di fantasma. Infatti, non vivo i club golfistici in maniera abitudinaria, ma vado, gioco e vengo via. Il tutto in un lasso di tempo che mi impegna al massimo 5 ore ogni tanto. Non faccio vita da Circolo, non ne ho il tempo. Tutto è iniziato una sera di nemmeno un anno fa mentre mi trovavo a cena a casa del carissimo amico Dino Zoff e di sua moglie Anna. Tra splendidi arrosti e trionfi di verdure al forno, abbiamo iniziato a parlare di golf.
Avevo sempre visto questa disciplina sportiva come una cosa da fare quando si era anziani e credevo che i Circoli fossero, per lo più, ad uso e consumo di persone datate. Immaginatevi il mio stupore quando scoprii che Dino giocava. Siamo amici da tempo, ma proprio non riuscivo a capirlo.
Considero Dino un uomo dinamico e mi sorprendevo di fronte al fatto che uno così forte, ancora atletico e in vista tra gli sportivi, si dedicasse a questo sport da vecchi. O almeno, allora così credevo. Dino è sempre stato un uomo da sfide importanti e il golf mi pareva non lo rappresentasse nell’essenza della sua indole. Mai avrei creduto potesse trasformarsi anche per me in una piacevole sfida.
Quella sera, la prima obiezione che gli mossi fu “Guarda che io non me la sono mai cavata nemmeno al mini golf”. Ma Dino Zoff me ne parlò con entusiasmo, e, forse più per curiosità, decisi che avrei dovuto provare.
All’inizio trovavo questo gioco molto noioso. Il campo pratica, in particolare, era una noia mortale, mille volte, sempre gli stessi gesti. Fino a che non si scende in campo e non ci si misura con le 18 buche, non ci si diverte. Alla fine, però, è cambiato anche il mio approccio allo sport. Il calcio e il tennis sono sempre stati una valvola di sfogo, servono a tirare fuori le tossine negative, mi sfiancano a tal punto che, dopo, risulto rilassato per forza di cose. Resto senza reazioni.
Il mio punto forte? Faccio bene il lob, sono bravissimo negli approccini da 50, 60 metri.
Il golf, invece, non è così. Si diventa stratega e si ragiona su cosa si è fatto di sbagliato.
Purtroppo sono un habitué dell’acqua e non me la faccio mai mancare, ci finisco dentro spesso. Anzi, più cerco di evitarla e più ci finisco. Temo che, prima o poi, riuscirò a beccarla anche laddove non ci sarà.
Insomma, spero di non finire mai dentro una delle meravigliose piscine di qualche villa a lato dei campi. Onestamente l’acqua è sempre sulla mia traiettoria perché amo rischiare. Provo sempre a vedere se riesco a fare quello che penso. Solitamente tutte ‘mission impossible’. Anche puttare è frustrante ed è il mio punto debole. Riguardo all’attrezzatura, i grattacapi peggiori li ho invece dal ferro 4. Il mio punto forte? Faccio bene il lob, sono bravissimo negli approccini da 50, 60 metri.
Oggi sono affascinato dall’idea di giocare contro me stesso fregandomene degli altri. Tra l’altro, il golf aiuta anche da un punto di vista caratteriale. Faccio un lavoro dove c’è parecchia tensione e non devo cadere nelle provocazioni. Così ho portato i risultati del golf anche dentro l’Arena, durante la trasmissione di Domenica In. Mi ha insegnato ad essere meno impulsivo e a dominare gli istinti.
Dino Zoff continua a darmi tanti consigli, ma purtroppo progredisco a rallenty perchè mi manca il tempo. Quando riesco a ritagliarmi qualche pomeriggio vado a Roma, al Parco Dei Principi, oppure vicino alla Rai dove ci sono piccoli campi pratica.
Il mio prossimo obiettivo? Migliorare perché mi piacerebbe andare a giocare a Le Betulle di Biella. Ma vedo quel momento ancora lontano. Non posso andare là a seminare palline in ogni buca. Non ‘a casa mia’. Se devo essere un fantasma va bene, ma là vorrei almeno divertirmi”.
Massimo Giletti