Si fugge dall’anonimato in molti modi, ma alcuni incontri fortunati restano la migliore scorciatoia per lasciare la propria impronta ai posteri. È stato il caso di Isabella Stewart Gardner, una giovane vivace donna newyorkese che nel 1860 si trasferì a Boston per sposare Lowell Gardner, facoltoso ed importante cittadino bostoniano.
Essendo Boston la più piccola delle grandi città americane, Isabella ha fatto in fretta a sentirsi a casa, in un solo luogo ha trovato un’atmosfera frizzante visto il ruolo giocato da Boston anche nella storia dell’Indipendenza, una città romantica con quelle case in mattoni rossi e i ciottoli nei vicoli e la modernità di quei parchi enormi che la rendono un polmone verde molto vivibile.
Isabella poi, appassionata di arte, e tra i primi patroni femminili, amica degli artisti e dei produttori principali di quel tempo, compreso il cantante Sargent, James McNeill Whistler e Henry James del John, impavida dal forte carattere destò scalpore tanto da venire appellata Mrs Jack, in relazione al marito.
Con lui riuscì a mettere insieme una fortuna, un’eccezionale collezione di opere d’arte, manufatti e disegni architettonici europei ed americani e quando arrivarono in Europa per acquistare alcuni dei tesori artistici della famiglia Medici, Isabella fece un gesto che la destinò all’immortalità, perché dopo essersi invaghita a Venezia di un palazzotto che si affacciava su un canale, lo acquistò, lo fece smontare e caricare pezzo a pezzo su una nave, per farlo ‘rimontare’ direttamente Oltreoceano, in un angolo isolato della nuova Boston, al centro di una corte nel quartiere di Fenway.
Ebbe finalmente la casa dei suoi sogni, che divenne museo Isabella Stewart Gardner la sera del 1° gennaio 1903, con una celebrazione musicale e visiva di arti, un concerto di Bach, Mozart, Chausson e Schumann effettuato dai membri della Symphony Orchestra di Boston, rivelando all’interno opere di inestimabile valore: dipinti di Tiziano, Giorgione, Piero della Francesca, John Singer Sargent. Nei vent’anni in cui la signora Gardner visse all’interno del palazzo continuò incessantemente ad arricchire la sua collezione sotto la tutela del giovane Bernard Berenson che divenne uno dei maggiori esperti e critici d’arte del XX secolo, e quando lei morì, accordi precedentemente stipulati stabilirono che il museo dovesse rimanere identico, oltre che sottoposto ad una continua cura e valorizzazione.
Un’altra figura femminile che visitando Boston rivive continuamente é quella di Rose Kennedy, la matriarca della famiglia americana per eccellenza. Il Rose Kennedy Greenway, il restauro del centrale corridoio stradale che incorona la città lungo l’intero waterfront é dedicato proprio a lei. È un gioiello architettonico fatto di Parchi e spazi pubblici, un miglio alla cui cerimonia di inaugurazione hanno partecipato molti Kennedy, incluso il senatore Edward il figlio più giovane di Rose. Tutta l’area, interamente free wi-fi, è di proprietà dello Stato, ma viene gestita dalle 7 alle 23 sotto l’egida di una Onlus no profit.
È in questo miglio che i bostoniani hanno lanciato un nuovo modo per fare pic-nic, sfruttando la storica presenza dei Food Truck, i furgoni itineranti attrezzati con cucine che propongono ogni giorno una grande varietà di piatti, dalla cucina vietnamita a quella biologica, ricette adatte ad essere consumate anche per strada. Delizie a cui non sfuggono nemmeno i viaggiatori.
Per onorare la figura femminile, che in tanti campi ha ispirato l’innovazione creando un forte impatto nella storia cittadina, l’organizzazione Women’s Heritage Trail ha creato sette passeggiate a piedi durante le quali vengono presentate 200 donne bostoniane che hanno lasciato la loro impronta. The Ladies Walk (la passeggiata delle donne), non è un percorso famoso come il Freedom Trail, ma sta riscuotendo successo.
Il viaggiatore può prenotare su internet il tour e il luogo del ritrovo è al Parlamento, la casa con la cupola d’oro davanti a Beacon Street, al quale si accede by passando un metal detector come accade in partenza all’aeroporto.
Nella camera del Senato è curioso ritrovare in bella mostra il simbolo della prima economia del Paese dopo la colonizzazione, appeso in alto troneggia un grande merluzzo. Mentre l’ultima tappa è al Women’s Memorial che celebra in particolare la vita di tre donne. Abigail Adams, famoso il suo scambio epistolare con discussioni intellettuali e politiche con il marito John presidente degli Stati Uniti. Lucy Stone, sul finire dell‘800 in un’epoca in cui le donne non potevano nemmeno parlare in pubblico, sostenne con veemenza i diritti femminili. Phillis Wheatley, nata in Africa, catturata e venduta come schiava a 7 anni alla famiglia bostoniana Wheatley, fu la prima scrittrice afro americana a vedere pubblicata una propria opera.
E, dopo avere respirato la frizzante atmosfera bostoniana nel mix elegante di Back Bay, Newbury Street, Charles Street e Beacon Hill, tutti luoghi topici per comprendere meglio la città, ci spostiamo nella Baia di Cape Cod, la penisola a sud est di Boston, un posto speciale nel cuore e nelle menti di tutti gli americani.
Arriviamo a Provincetown (o Ptown, come viene affettuosamente accorciata), dopo esserci fermati a pranzare a Weelfleet, per gustare le ostriche che i Kennedy sostengono essere migliori anche di quelle francesi.
Ptown si trova esattamente alla punta estrema della baia, praticamente un trampolino proteso nell’Oceano Atlantico, ed é considerata una delle migliori gay location in quanto vi si celebra la diversità in ogni stagione, dal Province Town Festival Film con la partecipazione di molti attori Vip, alla Women’s Week, allo scoppiettante Carnevale, fino al David Flowe’s Summer Camp, il più famoso dei rave party.
In qualsiasi periodo arriverete avrete a disposizione un evento interessante. Provincetown è circondata da chilometriche spiagge, dalla bellezza dell’Oceano e da inattese dune di sabbia in mezzo a sporadiche chiazze di erba, verdi pini e bacche vermiglie, dove, qua e là, nel nulla più desertico, distanti una dall’altra, stazionano le ‘dune shacks’, spartane casupole ispirazione perfetta per poeti e scrittori di fama quali Eugene O’Neal e Harry Kemp.
Invece in città, bypassando negozi dall’aria fricchettona, davanti al moderno edificio del PAAM (Province Art Association and Museum), attira la nostra attenzione uno splendido corpo di donna in bronzo coricata sul manto erboso. Il Museo, nel quale i soci artisti espongono le proprie opere in gallerie contemporanee, è diventato oggi il primo museo green degli Usa e fa da giusta sponda a Ptown partita quale rifugio di artisti ed espatriati di rientro dalla Grande Guerra e trasformatasi negli anni in The Biggest Art Colony in the World, la più grande colonia di arte nel mondo.
Nel muoverci per questa lingua di terra troviamo mille progetti imprenditoriali tutti al femminile. Tra questi, la Cape Cod Lavender Farm, un’azienda che si estende su 4.800 ettari di campi coltivati a lavanda di cui Cynthia, che amava questa pianta al punto da farla diventare un ottimo lavoro, è l’anima fondatrice.
Oppure, poco distante, nel villaggio di Sandwich, il Daniel Webster Inn, l’hotel più antico di Cape Cod, autentico negli arredi delle camere dai letti a baldacchino, tenuto insieme dalla gestione attenta ed appassionata di Debra Catania grazie alla quale i suoi ristoranti hanno avuto riconoscimenti come l’Award of Excellence.
Indietreggiando fino a Hyannis per prendere il traghetto che ci sbarcherà sull’isola di Martha’s Vineyard, dove tra l’altro saranno di nuovo le donne a tenerci per mano, visitiamo il Museo sul clan dei Kennedy per ammirare le foto più intime dell’amata coppia Jacqueline e John Fitzgerald Kennedy, comprese quelle in bianco e nero in cui JFK ha trasformato il sontuoso compound di Hyannis Port in una Casa Bianca sull’Oceano Atlantico, quartiere generale della sua vincente campagna presidenziale.
In arrivo sull’isola di Martha’s Vineyard nel porto di Oak Bluffs piccole comunità di villaggi di pescatori e, tra colorati cottage vittoriani, l’incontro con Alison Shaw, una nota fotografa arrivata sull’isola nel 1975 il cui destino ha incrociato le sorti di Mrs Jan Pogue editorialista di Vineyard Stories, sua casa editrice indipendente che dà lustro agli scrittori del luogo, due donne di qualità, tanti progetti e tanti libri, un connubio professionale che dura da sette anni.
Sono poi sufficienti trenta minuti per raggiungere la località glamour di Vineyard Haven dove Bill Clinton ama rifugiarsi per gustare il gelato al mango di Mad Martha, oggi con i fari puntati addosso più che mai perché vanta la più grande concentrazione di arte non-profit, tra le quali lo storico teatro appena ristrutturato interamente The Vineyard House Playhouse con la sua straordinaria compagnia teatrale professionale.
A pochi chilometri l’insediamento più antico di Edgartown, una comunità restata uguale a se stessa, a quando gli indiani nativi l’abitavano e, per questo, grande attrattiva di chi cerca quiete up level, il cui simbolo resta il caratteristico faro ad intermittenza, dal 1928 riferimento per tutti, non solo per i naviganti, anche per chi fa jogging sulla spiaggia.
L’isola di Martha’s Vineyard comunque continua a risentire favorevolmente della scia d’amore delle dinastie presidenziali che l’hanno colonizzata attirandoci personaggi del cinema e
dello spettacolo. Solo per citarne alcuni non é difficile incontrare l’attore Forest Whitaker, la conduttrice televisiva Oprah Winfrey, l’anchorman tv David Letterman, o le star Meg Ryan, Carly Simon e Patricia Neal, che vi hanno addirittura comprato casa. Ecco perché l’isola viene comunemente appellata East Coast Hollywood.
Un’eredità, quella di questo nome, che merita non solo Martha’s, ma tutta la Cape, una Baia capace di fare la differenza e di fare luccicare tutto il Massachusetts. Come la gemma più brillante di tutte.