Una Mostra che merita perché regala l’opposto di cosa spesso (purtroppo), accade tra padre e figlio. Avete presente l’antica predestinazione dei figli a pagare le colpe dei padri? In questo fortunato caso è accaduto il contrario. Il figlio non ha pagato alcun tributo alle scelte di vita del padre, anzi, ne ha acquisito l’arte respirandola sin da bambino. In pratica, quella che era la passione del padre Matteo, si è trasferita nei geni del figlio Giorgio.
È nata così “Due Mondi”, la doppia Mostra, ideale per un’epoca dove niente può restare definito e chiuso su se stesso. Per questo ci piace definirla una “Mostra allargata”, quella dove due generazioni si sono messe a confronto con i loro due diversi stili. Una sorta di area cuscinetto dove i due respiri artistici si incontrano senza farsi ombra, anzi supportandosi l’un l’altro.
E il padre Matteo, dall’alto dei suoi 91 anni, racconta l’aneddoto di quando Dino Buzzati in una recensione creò per lui la definizione di ‘neofigurativo emblematico’. E mentre parla lo sguardo orgoglioso va a quel ‘giovane figlio’, a Giorgio, che dall’altra parte spiega di avere trovato la sua identità artistica lavorandoci a singhiozzo, tra una Laurea in Architettura e una carriera di imprenditore. Ma oggi la terra, i colori e la luce sono gli unici elementi di cui vuole occuparsi, insieme a suo padre.
Una Mostra per due: molto di più, niente di meno.