Te quiero Queretaro! Un gioco di parole che nasce spontaneo tornando dal piccolo stato centrale messicano del Queretaro (appena più grande della nostra regione italiana Abruzzo), ancora più interessante se si valuta che stiamo parlando di rotte poco praticate dal turismo tradizionale.
Chissà perché quando si dice “Messico” si pensa soprattutto ai luoghi del sito archeologico di Cancun e alle spiagge della Riviera Maya affacciate sulla costa caraibica, molto amati dalle star hollywoodiane del calibro di Tom Cruise, Cameron Diaz, Leonardo Di Caprio e Julia Roberts, ma che nulla hanno in più del Queretaro.
Anzi. Se vogliamo riandare con la memoria alle immagini delle prime pellicole che ci hanno fatto apprezzare il Messico, per capirci i film di Zorro o dei revolucionarios Francisco ‘Pancho’ Villa ed Emiliano Zapata, non potremo non capire che siamo arrivati nel posto giusto, perché il Queretaro riserva incredibili sorprese.
Non solo i classici villaggi cosiddetti pueblos magicos tanto sono belli, ma una quotidianità autentica ed una ricchezza multiculturale riscontrata nella conservazione di palazzi e chiese, di arti e leggende, di tradizioni artigianali e gastronomiche. Tra l’altro, il nome Queretaro ha anche vinto un concorso quale parola più bella di tutto il Messico.
La magia di questo stato si estende anche al nome, che ha vinto un concorso quale parola più bella di tutto il Messico
Grazie alle scorrevoli strade messicane partendo dalla capitale Città del Messico raggiungiamo in poche ore San Sebastiàn Bernal fondata nel 1647, un grazioso paesino che deve la sua fama al fatto che è collocato ai piedi della Peña de Bernal, il terzo monolito più grande del mondo dopo il Pan di Zucchero di Rio de Janeiro ed il Pennone di Gibilterra.
Nella cittadina, risultata la più longeva del Messico, in un angolo strategico ad inizio zona pedonalizzata c’è la boutique hotel Casa Mateo, dove si può sia pernottare che prenotare un pasto stupendo.
Se chiederete al proprietario Miguel, non solo vi darà tutte le dritte per raggiungere il sorprendente Museo dei Dolci, dal 1961 l’azienda familiare più qualificata ed innovativa la cui deliziosa specialità è la natilla, ma vi aiuterà anche a prenotare un rituale temazcal, un’antica cerimonia pre-ispanica per purificare corpo e spirito, ottimale se si pensa all’energia già rilasciata naturalmente dalla stessa Peña de Bernal.
Nel vicino pueblo magico di Cadereyta, la visita si effettua in carrozza trainati dai mastodontici cavalli bianchi Ercole e Sansone. Con voi ci saranno Carlo Alberto e Valeria, due giovanissime guide diciottenni che sapranno svelarvi tutti i segreti di questo minuscolo villaggio; la visita terminerà sulla collina prospiciente, nell’ex hacienda Tovares, all’epoca in cui scriviamo in procinto di essere trasformata in un piccolo Resort di 10 camere.
Per arrivare qui abbiamo lasciato alle spalle molte botteghe artigianali di talabarteria, l’arte di lavorare la pelle e il cuoio, e altrettante distese di vigne dove vengono prodotti alcuni dei migliori vini nordamericani. Le visite alle cantine, come a quella di Vinedos La Redonda, sono un piacevole diversivo per una degustazione-pranzo all’ombra di fresche frasche.
Nell’area stanno assumendo importanza non solo le strade del vino, ma anche le strade della Sierra Gorda nel semi-deserto un tempo popolato dagli indigeni Otomies, oggi riserva Biosfera protetta, durante le quali si incontrano le missioni francescane fondate dal frate Junipero Serra (colui che ha fondato anche le città di San Francisco e di Los Angeles).
Strade che, non solo per il particolare paesaggio lunare di cactus e piante cartacee, proprio per questo trait d’union religioso, sono in procinto di essere organizzate come le famose strade del cammino di Santiago di Compostela.
Ad una cinquantina di Km verso est troviamo, invece, la città di Santiago de Queretaro, patrimonio Unesco, fondata nel 1531 dopo un’aspra battaglia vinta dai conquistadores contro le popolazioni native. La leggenda racconta che la vittoria giunse soltanto dopo che un’eclissi solare diede forma ad una gigantesca immagine di San Giacomo (Santiago) patrono di Spagna che, su un cavallo bianco, terrorizzò l’esercito nemico.
Comunque, le vicende più salienti della rivoluzione messicana sono accadute proprio tra queste viuzze: nel 1867 fu processato e fucilato Ferdinando Massimiliano d’Austria Imperatore del Messico, nel 1854 nell’ancora esistente teatro della Repubblica venne cantato per la prima volta l’inno nazionale messicano (diretto dall’italiano Giovanni Paulo Bottesini e cantato dall’italiano Lorenzo Salvi), mentre nel 1917 venne proclamata la Costituzione del paese.
Tra le altre leggende ambientate in Queretaro c’è quella consumatasi all’interno dell’elegante palazzo del centro storico, che potrete visitare, chiamato la casa di Don Bartolo. Risale alla seconda metà del XVII° secolo, ed è particolarmente raccapricciante perché racconta di Don Bartolo, un uomo ricco che conviveva con la giovane sorella con la quale aveva un rapporto morboso e si presumeva, intrattenesse rapporti incestuosi.
Ogni anno Don Bartolo in occasione del suo compleanno dava una grande festa radunando gli amici nella sua enorme casa e levando il calice per brindare citava sempre le stesse parole: “Bevo a mia sorella, alla mia anima ed al 20 maggio 1701”, ma senza mai dare spiegazione del perché di quella data. Questo brindisi si ripeté negli anni fin quando nel fatidico giorno, alla mezzanotte si udì provenire dalla casa un forte boato, seguito da un silenzio surreale.
Il giorno seguente nella casa trovarono il corpo della donna morta per mano del fratello, e Don Bartolo, attaccato al soffitto, completamente carbonizzato con il viso contorto in un ghigno di terrore. Nello scrittoio venne rinvenuto un contratto con il diavolo nel quale Don Bartolo in cambio di fama, gloria e ricchezza ottenute con mezzi illeciti e malvagi, si impegnava a consegnare la sua anima al demonio nella data del 20 maggio 1701. Pare che ancora oggi, durante le notti di temporale, dalla casa escano lamenti e grida di pentimento.
Infine, girando il centro storico di Santiago, un’altra storia ha trasformato in una divertente caccia al tesoro la ricerca delle tracce di “Chucho el Roto”, il cui vero nome è Jesùs Arriaga, un Robin Hood locale, uno del popolo che vestiva da nobile per rubare alle donne ricche e dare ai poveri.
Proprio perché le valli del Queretaro sono ampie e spaziose, seppure all’orizzonte si giri lo sguardo sempre accompagnati da colline e montagne, non sembra mai di essere ad oltre 2200 metri di altitudine.
“Te quiero Queretaro”, perché un luogo così ricco di storia, suggestivi paesaggi e antiche tradizioni non si dimentica e resta memoria lucente nella vita di ogni viaggiatore.