Se oggi Anguilla, ex isola di saline e di schiavi africani nelle West Indies, è indipendente (protettorato inglese con auto-governo), deve ringraziare Jeremiah Gumbs. Fu lui, ancora quando l’isola era un fragile lembo di sabbia alle propaggini dell’impero coloniale britannico, a risvegliare nei locali una pacifica ma nondimeno radicata sete di indipendenza.
La sua tomba si trova in un piccolo cimitero nel centro dell’isola, in direzione The Valley la capitale. Resta all’ombra di una grande quercia, dentro uno spazio recintato da una palizzata di legno dipinta di bianco, coperta da un lastrone di marmo liscio grigio scuro e porta una scritta in inglese che, tradotto, recita: “Sono stato un uomo con voglia di vivere e coraggio, fede e orgoglio, ma ho avuto tutto quello che non poteva essermi negato”. A fianco riposa la moglie Lydia, un’artista, colei che ha creato l’immagine dei tre delfini presenti sulla bandiera anguillana. Sulla sua lapide, invece, si legge: “Cambiamento dopo cambiamento, la vita mi ha attraversata, ma non ha importato quale sia stato il cambiamento, a modo mio sono restata in piedi, e, quale sia stata la sfida, ho affrontato con fermezza ogni nuovo giorno”.
Una coppia molto unita, anche da quell’interesse di rendere indipendente la loro Patria. Lo racconta la storia. Nel 1967 Anguilla rifiutò di essere inserita in uno stato associato alla Gran Bretagna con St Kitts-Nevis, due isole delle Antille. Per riuscirci lo stesso Jeremiah si rivolse direttamente alle Nazioni Unite. Alan, il figlio di Gumbs ci racconta un aneddoto relativo alla questione. “Il massimo esponente di Saint Kitts, Robert Bradshaw, disse ‘Dovrete mangiare le vostre stesse ossa per sopravvivere’. Grazie al suo potere, congelò i depositi e bloccò la posta in arrivo. Voleva affamare gli anguillani. Jeremia allora si rivolse al capo della Posta, un caro amico, ma anche lui disse ‘Non posso aiutarti, ordini superiori’. Jeremiah, con l’aiuto della popolazione, trovò però il modo di intercettare i plichi postali e fece un francobollo con scritto Anguilla Indipendente.
Da quel giorno ebbe inizio la rivoluzione, sebbene Jeremiah la attuò sempre in modo pacifico. Non a caso era un grande estimatore di Gandhi e scelse di battersi con i suoi stessi metodi. Parlando alla gente risvegliò nei locali sete di indipendenza.
Gli inglesi nel 1969 provarono ad unire Anguilla a Barbados, ma Jeremiah disse “Piuttosto mi faccio tagliare la testa”. Le due realtà erano troppo diverse per potere convivere. Jeremiah spiegò agli anguillani che in 300 anni di dominazione inglese non avevano ancora elettricità, né acqua, né strade. Disse “Non dobbiamo avere paura, non possono portarci via nulla perché non abbiamo niente”. Gli inglesi mandarono le truppe e Fidel Castro offrì ad Anguilla la sua protezione, ma Jeremiah la rifiutò. Attese le truppe inglesi e diede ordine al suo popolo di non difendersi. Nessun soldato doveva restare ucciso. Così durante la loro permanenza sull’isola, tra gli abitanti e le truppe si instaurarono dei buoni rapporti. Morirono due soldati, ma di broncopolmonite.
In quegli anni anche gli americani misero gli occhi su Anguilla perché aveva una posizione strategica, ma la volontà anguillana era di essere liberi. Resistettero fino a quando, nel 1971 Anguilla ottenne, pur rimanendo dipendente dal Regno Unito, la facoltà di auto governarsi e di eleggere i propri politici. Questo permise al luogo di fiorire ottenendo negli anni una salute economica e culturale pari alle bellezze naturali.