Lo inseguiamo a fatica, mentre il sentiero si inerpica in un bel bosco di collina che da poco ha lasciato alle spalle una nuova primavera. La ruota posteriore slitta sul fango, con l’anteriore graffia il terreno evitando i sassi più insidiosi: e sale, indifferente alla pendenza e al clima oggi poco clemente. Non sarà certo un po’ di pioggia a fermare l’allenamento di un campione.
Federico Manenti e la sua mountain-bike nel Biellese sono di casa. Questi numerosissimi tracciati, sterrati per ogni pedale, ma vie anche interessanti per chi preferisce esplorarle a cavallo, oppure a piedi, non hanno segreti per lui. Percorsi variabili, adatti dunque anche a chi ha meno ambizioni di performance rispetto a un biker di livello mondiale, qui si trovano dalle risaie della pianura alla sommità alle Alpi, e sempre offrono il vantaggio della tranquillità dei luoghi e della bellezza dei panorami.
La zona di Biella conserva un ambiente ancora sorprendente e molto, molto vario. La natura qui è fonte d’orgoglio, e numerose aree protette sono attive a testimoniarlo: fiore all’occhiello, letterale, è il giardino della Riserva Naturale Speciale del Parco Burcina, con i rododendri importati dal Caucaso oltre un secolo e mezzo fa, che a fine maggio ammantano il declivio di un tappeto melange visibile a distanza di chilometri. Ma qui nel bosco, oggi, Federico sfreccia e schizza a beneficio dei fotografi: è instancabile, come richiede la sua quotidiana preparazione atletica, e ci consente di seguirlo in baraggia.
Il Parco Baragge, Bessa, Brich Zumaglia e Mont Préve tutela un’area vasta e assai ricca dal punto di vista ambientale: comprende infatti territori di diverso interesse naturalistico, che vanno dalla pianura baraggiva all’altopiano morenico, dall’umida risaia alla verde collina biellese. E proprio la baraggia è uno di quelli più interessanti, almeno a queste latitudini: avete presente la savana, dico proprio la savana africana? Ovvero vaste praterie e brughiere alternate a sporadici alberi e vallette boscate.
È un paesaggio, quello delle baragge, che colpisce immediatamente per la sua semplicità e il suo equilibrio di spazi e forme: qui non ci si sente davvero in uno dei Paesi più industrializzati del mondo, ma piuttosto in un luogo aperto, senza confini, dove ci si può perdere in lunghe passeggiate e si riesce a ritrovare un atavico contatto fisico con l’ambiente naturale. Anzi, c’è da augurarselo. La baraggia, comunque, in sé non racchiude particolarità significative dal punto di vista naturalistico: è una steppa sterile, terra argillosa e compatta, un altopiano di quota variabile formato per erosione in ere geologiche.
Qui un tempo esisteva un grande golfo marino, in un’epoca fissata fra 5,2 e 1,8 milioni di anni fa, e a testimonianza sopravvivono numerosi fossili. Ma a rendere eccezionale la visita di un entomologo è la presenza di specie rare ed endemiche di insetti: degni di nota sono i coleotteri carabidi Agnonium livens, Agnonium ericeti, Bembidion humerale, il coleottero Catops westi – un catopide presente soltanto in un’altra stazione in Italia – e il lepidottero Coenonympha oedippus molto raro e localizzato.
Un’altra Riserva non lontana e altrettanto interessante è la Bessa: un altopiano ondulato dalla conformazione totalmente plasmata dall’uomo, ma ormai pressoché rinaturalizzata dal tempo. Anche questo è un luogo comodo per l’allenamento outdoor di gente come Federico, il nostro amico biker, e per gli appassionati di equitazione o di trekking, che da queste parti cominciano ad arrivare numerosi. Qui, una volta tanto, archeologi, storici e naturalisti trovano insieme soddisfazione: la particolarità risiede nel fatto che quest’area è quanto resta di una delle antiche miniere d’oro a cielo aperto più estese del mondo.
Circa dieci chilometri quadrati di ambiente naturale, che appaiono stranamente movimentati da imponenti e continui cumuli di ciottoli e residui dell’estrazione aurifera: la singolare e lucrosa attività che qui si svolse tra il II e il I secolo a. C. fece sì che migliaia di uomini al servizio dei Romani setacciarono letteralmente l’intero altopiano, lasciando del loro passaggio chiari segni sotto forma di cumuli di pietre filtrati e abbandonati.
Duemila anni dopo, l’antica miniera ci appare con le sue rovine intrecciate a fitti cespugli di arbusti, un nuovo habitat dove vivono specie floristiche e faunistiche tipiche e spesso esclusive. Regno di uccelli e rapaci notturni, roditori e farfalle.Si sta facendo tardi, e Federico probabilmente pensa già al duro allenamento di domani, quando dalla pianura salirà con la sua mtb verso le montagne biellesi.
Un paesaggio diverso per ogni periodo dell’anno, che in ogni stagione offre uno dei suoi aspetti migliori. Le Prealpi, come detto, accolgono l’ecoturista con il Parco della Burcina, creato fin dalla metà dell’Ottocento da generazioni di appassionati botanici della famiglia Piacenza. Salendo in quota si arriva nella terra del carabo (Carabus olympiae), rarissimo coleottero dai colori iridescenti e specie-simbolo dell’Oasi Zegna.
Panorami mozzafiato, chilometri di sentieri per una conoscenza dolce del luogo, sospirata, scoperta e sudata, dove non sarà difficile incrociare i tracciati dell’Alta Via delle Alpi Biellesi, della Grande Traversata del Biellese o del tratto locale della Grande Traversata Alpina, reti di percorsi adatti ai trekker di ogni livello.