La storia del golf in Egitto non nasce nelle moderne e affollate località balneari del Mar Rosso. Le sue origini risalgono ad oltre un secolo fa nelle immediate vicinanze di uno dei luoghi più famosi ed affascinanti del mondo, le piramidi di Giza.
Tutto ebbe inizio sul finire del 19° secolo quando, tra i componenti della nobiltà e dell’alta borghesia elettrizzati dalle scoperte dell’archeologo italiano Giovanni Belzoni, imperversava la moda di svernare al Cairo visitando la sfinge ed i templi sul Nilo. Nel 1883 una coppia inglese, Frederick e Jessie Head in luna di miele in Egitto, acquistarono a Giza un vasto terreno ed un vecchio capanno di caccia adiacenti alle piramidi appartenuti ad Ismail Pasha, il Khedive turco reggente e vi costruirono una casa a due piani.
L’anno successivo l’imprenditore inglese Sir Hugh Fortescue Locke-King, che soggiornava come la migliore società al Shepheard’s, l’hotel più lussuoso del Cairo, vide l’opportunità di realizzare a Giza di fronte alle piramidi un esclusivo nuovo albergo adatto ad accogliere i numerosi e facoltosi viaggiatori che arrivavano da tutto il mondo. Acquisita la proprietà dei coniugi Head, Locke-King grazie alle enormi disponibilità economiche, iniziò la progettazione di un grande palazzo in stile orientale, costruito in pietra rosa e malta del deserto e decorato da marmi colorati e mosaici in madre perla, con ampie stanze dotate di acqua calda, arredi sfarzosi e tutti i migliori comfort dell’epoca.
Nel 1886, due anni dopo l’apertura del cantiere, venne inaugurato il Mena House Hotel, dedicato dai proprietari a Mena, il primo faraone che regnò sull’Egitto attorno al 4400 a. C. Deciso a conquistare la clientela blasonata Sir Hugh non tralasciò nessuna miglioria, fece una piscina in marmo che veniva svuotata e riempita manualmente ogni notte e nel dicembre del 1899 venne completato il campo da golf a 18 buche. Del resto, 121 anni fa l’attrezzatura era quello che era, gli shaft in legno, quelli in acciao vedranno la luce solo nel 1920, e le palline in guttaperca non permettevano ai colpi di raggiungere grandi distanze. Eppure, questo par 68 di soli 4.860 metri ha un suo fascino che prescinde dai monumenti straordinari che lo sovrastano, ha la malìa di una vecchia Isotta Fraschini a cui nessuno si sognerebbe di criticare le oggi scarse prestazioni del motore.
Il percorso si presenta esattamente come quando fu costruito con 6 par tre, 2 par cinque e 10 par quattro, la buca più lunga è un par 5 di 427 metri. Provare ad affrontarlo lasciando driver e legno 3 nella sacca consente di comprendere, almeno in parte, le difficoltà che incontravano i golfisti dell’epoca per ottenere un buono score. Ad ogni colpo alzando gli occhi per seguire il volo delle palla, lo sguardo incrocia inevitabilmente la mastodontica mole della piramide di Cheope che si staglia sullo sfondo. Anche nel campo la storia antica ha fatto la sua comparsa, si racconta infatti che nel 1922 durante la riparazione di un bunker fu ritrovata un’urna contenente alcune statuette di 2000 anni fa.
Nei suoi 125 anni il Mena House Hotel ha ospitato centinaia di personaggi famosi, molti gli aristocratici e gli appartenenti alle famiglie reali di Oriente ed Occidente. Edoardo VIII°, il Duca di Windsor che seppe rinunciare alla corona d’Inghilterra per amore, nel 1928 giocò il campo partendo da un tee veramente esclusivo realizzato in occasione della sua visita e posto sulla cima della grande piramide. Anche divi dello spettacolo come Charlie Chaplin, Frank Sinatra, Jane Fonda, Roger Moore e Brooke Shields non rinunciarono a risvegliarsi a ridosso della sfinge. Facile capire il perché.