Siamo tutti d’accordo. I libri non moriranno mai. Anche se con l’avvento del web sempre più persone stanno disimparando a sfogliare quelli di carta imparando a ‘girare’ le pagine di quelli digitali.
Se questo sarà il futuro, i libri antichi diventeranno sempre più rari e per le generazioni molto in là a venire, intendo per quelle che si interfacceranno solo e soltanto al digitale da decenni, i libri cartacei resteranno a vetusta testimonianza di noi antenati topi di biblioteca. Se non sappiamo oggi come si organizzeranno le Nazioni per proteggere i testi fondanti degli anni 2000, che in proiezione saranno rari, sappiamo che oggi esistono figure che stanno proteggendo quelli delle epoche precedenti.
In particolare, ci siamo interessati a Teresa, la protettrice dei libri del palazzo di Mafra in Portogallo, un tempo residenza estiva della famiglia reale, anche convento e basilica, un monumentale complesso che per la sua magnificenza testimonia l’opulenza della corte di D. João V (1707-1750), il sovrano che fece costruire il più importante monumento del barocco portoghese.
Nell’ala orientale del Convento c’è infatti la più grande ed importante Biblioteca monastico-reale del XVIII secolo esistente in Portogallo con oltre 40 mila preziosissimi volumi, libri rari che trattano dalla scienza alla religione tra i quali ci sono anche opere di Orazio, Cicerone e Giulio Cesare. Da decenni durante le ore diurne, un giorno dopo l’altro, Teresa li spolvera uno ad uno con particolare cura, si aggira tra gli 83 metri in stile rocaille della biblioteca con il suo piumino in mano e quando ha finito di spolverarli tutti, riparte daccapo in un incessante quanto importante paziente lavoro. La devozione che mette è proporzionale alla sua presa di coscienza, Teresa sa di essere la custode di una sapienza antica come il mondo.
Ed è curioso scoprire che, mentre di giorno i libroni sono affidati alle cure di Teresa, di notte pare vengano affidati, niente di meno che, ai pipistrelli! Le finestre della Biblioteca, ci raccontano, vengono lasciate aperte di proposito, per arieggiare il sontuoso ambiente certamente, ma soprattutto perché i pipistrelli vi possano entrare così da tenere i grandi libroni liberi da insetti e larve, che creerebbero danni irreparabili in quanto se ne nutrono.
Per questi 40.000 preziosi volumi giunti fino ai giorni nostri, è stato creato un catalogo onomastico che raccoglie tutte le opere esistenti fino al 1819 e furono i frati del Convento da Arrábida ad organizzarlo in modo sistematico tra il XVIII e il XIX secolo. Nel prezioso patrimonio si distinguono opere di tutto il mondo dei secoli XVI, XVII e XVIII, alcune delle quali molto, molto rare, come i 22 incunaboli stranieri e le 41 carte geografiche.