Visitare la Sardegna ed in particolare l’area dei paesi che iniziano per O. E’ questo l’inedito viaggio consigliato e fatto più volte da Elio del gruppo Le Storie Tese. Un artista che ha girato in tournée ogni centimetro quadro dell’Italia diventando per mestiere uno pseudo-vagabondo, e che si è ritrovato innamorato ogni giorno di più della sua nazione. Ai paesi le cui iniziali iniziano per O ci è arrivato perché ha sempre preferito l’interno e le zone pedemontane a quelle marittime. Quanto più sono inesplorate, più gli piacciono.
«Non amo i posti troppo battuti e se vado in luoghi noti sono sempre alla ricerca di angoli e locali non conosciuti. Da sempre sono un arduo sostenitore della Barbagia e non certo per la sua cattiva fama, in gran parte falsa, ma perché visitare la zona attorno a Nuoro è una scoperta continua. Mi stanno simpatici tutti i piccoli Comuni del nuorese e mi sono accorto che ce ne sono tanti che partono con la vocale O. Soltanto provare a citarli diventa un divertente scioglilingua: Oliena, Ollolai, Ortueri, Orune, Olzai, Onani, Onifai, Oniferi, Orani, Orgosolo, Orosei, Orotelli, Orroli, Osidda, Osini, Ottana, Ovodda».
Una manifestazione dei “paesi con la O” che valga la pena vedere?
«Il carnevale di Orotelli. Per le vie del paese sfilano, sia la domenica che il martedì grasso, i “thurpos”. Sono delle maschere che rappresentano personaggi ciechi e storpi, indossano un abito di velluto e grossi gambali. Nascondono il viso annerito con la fuliggine del sughero bruciato nel cappuccio del pesante pastrano d’orbace portato dai pastori nella stagione fredda, detto “su gabbanu”. Sopra questo portano una cinghia di campanacci. Procedono appaiati, come fossero un giogo di buoi e un terzo thurpu li guida pungolandoli. Coinvolgono spesso il pubblico mimando il comportamento dei buoi e chiedendo che gli si offra da bere».
Da quale piatto sardo, invece, si lascerebbe sedurre?
«Vorrei sdoganare la fregula, una pasta di semolino fatta a palline immersa nel brodo di pecora. E’ buonissima ed è un piatto tipicamente locale, esattamente quanto il più famoso e classico porceddu».
Che tipo di viaggiatore è?
«Sono una via di mezzo tra un Robinson Crusoe e il globe-trotter super comodo, ma indipendentemente dal luogo che intendo raggiungere più che alla biancheria intima o al dettaglio dell’abbigliamento, non dimentico di portare con me un buon libro. Organizzandomi posso leggere anche sotto le stelle».
C’è un viaggio mitico nello scrigno dei suoi ricordi?
«Di mitico ho solo la memoria della mia Dyane e di quando, appena patentato, mi ha portato incolume fino nel Gargano. Ero partito da Milano, era al mio primo viaggio e l’ho fatto da inesperto e da incosciente. E’ stato lunghissimo e pericoloso, ma è finito bene».
Quale mezzo preferisce per spostarsi?
«Vivo a Milano e certamente in città il meglio lo offre la moto. Senza le due ruote arrivare puntuali oramai è praticamente impossibile».
Il viaggio è mai stato un pretesto per fare collezione di qualcosa?
«No. Come tutti rubo le saponettine dagli alberghi e solitamente non appena rientro a casa le ammonticchio in un cassetto del bagno. Devo averne parecchie, ma mai come il mio amico Mangoni (compagno di Elio al Liceo che venne chiamato nel gruppo a fare se stesso, ndr)».
Quale continente preferisce?
«Ogni volta che mi sono fatto convincere ad andare all’estero ho provato nostalgia dell’Italia, in special modo di quelle Regioni che si nominano troppo poco quali le Marche, l’Abruzzo e l’Umbria. Sono terre meravigliose e non hanno sufficiente menzione. Si parla molto di più della Toscana e mi piacerebbe rivalutare le terre dove il mio albero genealogico affonda le radici. Parte dei miei nonni e dei miei avi erano marchigiani e parte abruzzesi. L’Umbria la cito perché è lì vicino e trovo che sia altrettanto bella».