Non c’è Caribe che non vada Aruba. Potrebbe essere questo lo slogan dell’isoletta a largo della costa del Venezuela, e, benché Aruba sia vicinissima all’America, fa parte delle Antille Olandesi, ed è quindi mentalmente anche molto vicina all’Europa.
Ma non aspettatevi solo i classici stereotipi da cartolina di mare e spiagge come la location farebbe supporre. Anzi non aspettateveli proprio, perché Aruba saprà stupirvi. Vi aspettate una cosa ma ne troverete un’altra, altrettanto interessante, sebbene diversa.
La sua terra arsa puntellata di cactus, siamo alla stessa altezza del Sahara, le colonie di asini che vivono liberi sparsi lungo la costa, i divi-divi, gli alberi nazionali, plasmati dal vento sulla sabbia di fronte al mare, le iguane oggi specie protetta visto che andavano incontro all’estinzione perchè cacciate per la loro carne dall’effetto viagra, evocano più un set cinematografico texano che i Caraibi.
E forse, il vero appeal dell’isola, è che lì è vietato annoiarsi, non c’è divertimento, escursione d’avventura terrestre o marina, che non troverete.
La gente del luogo è tutta mediamente poliglotta, senza alcuna incertezza passano dall’olandese all’inglese, dal papamiento, la loro lingua autoctona, allo spagnolo.
I simboli architettonici di quest’isola sono due. A nord, il California Lighthouse del 1822, costruito in seguito al naufragio di una nave proveniente da Liverpool. La grande carlinga in navigazione notturna si infilò dritta sulla costa per il fatto che l’isola, viste le sue dimensioni, allora non era nemmeno segnalata sulle mappe.
Dietro questo faro che svetta tra un cactus e l’altro e che la sera è affollato di turisti che si godono spettacolari tramonti, a nord ovest si trova la cosiddetta baia dei desideri, una lunga spiaggia rocciosa adornata da una miriade di altarini fatti con piccole pietre dai turisti. La leggenda vuole che esprimere un desiderio sia di buon auspicio. Poco lontano, incamminandovi lasciando le acque dell’oceano alla vostra sinistra, un vecchio ponte in pietra argina una piscina naturale usata come idromassaggio dai bagnanti.
L’altro simbolo rende invece perplessi soprattutto chi non sa che l’isola, pur essendo un’ex colonia spagnola, dopo la conquista da parte degli olandesi è restata un protettorato dei Paesi Bassi. Un mulino a vento trasformato in museo fa infatti bella mostra di sé appena fuori dal centro di Oranjestad, la capitale.
Tra queste casette arubane colorate nelle tante sfumature tra il rosso della terra e il giallo, il mulino parrebbe stonare e invece, vedendolo con i propri occhi, regala un tocco di originalità al posto. Girando la capitale e i suoi dintorni a piedi si possono ammirare differenti stili architettonici.
L’amministrazione, oggi, cerca di preservare gli edifici più vecchi, come le uniche 4 case Kunuku restate intatte, fatte con i tetti in cactus, prima seccati e poi intrecciati, come usava all’inizio dell’800.
Il prossimo ottobre 2009 l’isola salirà in cattedra, non solo per l’atteso ‘Aruba Music Festival’, ma anche per il ‘Campionato Mondiale di Poker’. Star di tutto il pianeta arriveranno puntuali a questi rendez vous, tra gli aficionados da Ben Affleck a Tom Cruise, da Chack Norris a Lyonel Ritchie.