«Nel 2002 ho preso la Queen Elisabeth in navigazione da Southampton a New York e ho patito per tre giorni e mezzo. In realtà, me la sono andata un po’ a cercare perché sapevo di non amare questo mezzo. Avendo vissuto tutti i tipi di grandi barche da diporto, anche per periodi molto lunghi, le ho prese in uggia.
Trovo la vita di bordo noiosissima, così come i discorsi che, alla fine, vi si fanno. Lì pescano poco, là pescano troppo, qui il fondale è basso, là è troppo alto, per fare il bagno bisogna prendere il motoscafo, andiamo a cercare la baietta. Insomma, imbarcandomi sulla regina delle navi speravo di cambiare idea, ma è andata malissimo.
Io detesto l’aria condizionata e quella nave era una città frezeer. La prima notte in particolare non essendo riuscita a farmi spegnere il condizionatore dagli inservienti cinesi, perché non capivano una parola di inglese, tanto meno di italiano, ho dovuto dormire pressoché vestita, con una cuffietta di lana in testa e i calzettoni ai piedi.
All’indomani mi hanno risolto il problema, ma soltanto nella mia camera perché nel resto della nave si congelava. Non sono riuscita a trovare pace fino a che non sono sbarcata. L’unico posto dove potevo rifugiarmi e avere una sensazione di calore era dentro l’acqua della piscina e così ho vissuto nell’area del Centro Benessere più che potevo.
Diversamente andavo al cinema, organizzata, però, come se fosse all’aperto d’inverno, con sciarpa e cappottone pesante. Quando sono arrivata a New York faceva un caldo spaventoso, quasi insopportabile, ma io sono stata felicissima. Con le barche, di qualsiasi dimensione esse siano, io ho chiuso».
Rossella Falk