«Giro giro tondo, casca il mondo, casca la terra, tutti giù per terra».
E quando siamo giù mettiamo un orecchio al suolo e ascoltiamo. È stato Fernando Llort, il più grande pittore salvadoregno, quadri esposti in Vaticano e nella Casa Bianca, a suggerircelo. Secondo lui è questo il modo ideale per avvicinarsi ad El Salvador, il più piccolo stato del Centro America. «E’ un territorio acceso da un intenso turchese dove i fiori per mettersi in spolvero sfruttano soprattutto il rosso pervinca, ma provate ad ascoltare il sottosuolo – ci indica Llort improvvisandosi Cicerone per Viaggiando – e lo sentirete brontolare. Qui c’è la più imponente concentrazione di potenza della natura».
In un territorio piccolo come la Lombardia, infatti, sono addirittura 21 i vulcani presenti e tre di essi, Santa Ana, San Miguel e Izalco sono attivi e ogni tanto spennacchiano fumo alto chilometri. Netto contrasto quindi tra i colori del quotidiano e il nero cenere di un suolo totalmente lavico. «In particolare – continua Llort – a me piace il vulcano della capitale San Salvador. Assomiglia ad un perfetto panettone con un cratere sulla sommità e le sue morbide forme rotondeggianti mi ricordano quelle delle donne salvadoregne anche se io, quando ritraggo il femminile, continuo ad ispirarmi soltanto a mia moglie Stella sposata 33 anni fa».
Seduti con Fernando Llort in un angolo della sua Galleria “El Arbol De Dios” (l’albero di Dio), in pieno centro a San Salvador, lo ascoltiamo parlare della sua terra che conosce bene perché gli ha dato vita su tela, carta, bronzo e altri materiali. Ce ne parla in modo garbato e onora la memoria di una donna Maya, la bisnonna paterna, Maria Escalante Arana. Come ci confida, «Sono state proprio le mie radici indigene a ispirare il mio essere artista. E riguardo alla mia gente potrete constatare che ha come segno distintivo la gentilezza, chi ci visiterà resterà stupito della nostra disponibilità».
Come in Italia, da dopo l’Impero Romano, si usa ripetere che tutte le strade portano a Roma, così in El Salvador si può dire che tutto riconduce a Fernando Llort, ideale condimento di questo mondo a tinte vivaci. La sua arte è ovunque. «In particolare nella capitale troverete molti miei lavori – ci conferma l’artista – Il coloratissimo frontespizio in maiolica della Cattedrale Metropolitana, i decori ornamentali delle porte in ferro dello storico albergo Camino Real (oggi chiamato Intercontinental), i murales interni della Cappella dell’Uca, una delle Università cittadine tra le più importanti del Centro America».
Lo stile di Llort e il suo inconfondibile tratto, tanto infantile quanto originale, ha ispirato un’intera generazione di pittori ed è per questo che si possono ammirare anonimi murales arlecchino anche nei paesini più sperduti. Il cuore di questo business è La Palma, un piccolo villaggio montano nel nord est, dove i colori caratterizzano tutto, dalle staccionate alla natura, dagli abiti alle botteghe, ed esplodono sgargianti anche sui vecchi autobus comprati agli americani.
«E’ stata una piacevole vacanza fatta da bambino con i miei genitori a La Palma a darmi la convinzione che quello fosse il posto giusto dove fare il pittore. Il paesaggio aspro e selvaggio mi ha subito ispirato – ci dice Llort ripensando alla sua infanzia. Sin da piccolo mi piaceva disegnare, ma la mia famiglia era convinta che fosse una strada senza futuro. Fortunatamente ho seguito il mio istinto».
Ed è proprio durante la permanenza a La Palma che ha creato il ciondolo “la semilla de Dios”, il più piccolo tangibile segno del successo llortano da acquistare per un dollaro americano, la valuta ufficiale che dal 2001 ha soppiantato il vecchio colòn. L’ispirazione gli è arrivata da un bambinetto che stava levigando il seme del copinol, un albero locale. «Quando ho visto il perfetto ovale di quel seme – continua Llort – ho pensato sarebbe stato bello metterci dentro un disegno e così ho fatto».
E infine cos’altro visitare? «Non si può andare via da El Salvador – chiude il nostro Cicerone salvadoregno – senza vedere la Chiesa di Metapan in provincia di Santa Ana dove, tra l’altro, si trovano deliziosi esempi di architettura coloniale spagnola. In particolare nel centro storico di Santa Ana c’è uno splendido teatro perfettamente conservato. Se per andarci partite dalla capitale passerete vicino al mio lago preferito, quello di Coatepeque. Ci andavo a dipingere in gioventù e le sue sponde mi riportano alla mente un caro amico di studio, il pianista Alex Bella. Un’altra chiesa che mi emoziona è quella di Suchitoto, la cittadina coloniale tra le meglio preservate, suggestiva con la sua atmosfera retrò e le sue stradine di ciotoli. Merita una tappa».
Giro giro tondo, quanto è bello e sconosciuto questo mondo.